'La grande bellezza' di Paolo Sorrentino incanta Cannes con Toni Servillo che offre un'interpretazione degna della Palma d'Oro.
da Cannes
Marco Spagnoli
Gustave Flaubert, più volte citato da Paolo Sorrentino nel suo sesto (e più ambizioso...) film, voleva scrivere un libro sul 'nulla'. In questo senso La Grande Bellezza condivide con lo spirito del grande scrittore francese il desiderio volgere il suo sguardo e di affondare le sue mani nella rassicurante mollezza del niente.
Un film originale, costituito da un'insolita ed evanescente galleria di personaggi che, come fantasmi non sempre gentili, sembrano apparire dal nostro presente per raccontarci del nostro mondo pronto a sgretolarsi.
Un'opera complessa e tutt'altro che immediata quella costruita da Paolo Sorrentino che in due ore e venti di film lascia risuonare fortissima l'eco del cinema di Federico Fellini che si sublima in un personaggio antico ed eterno come Jep Gambardella portato sullo schermo da uno straordinario Toni Servillo meritevole, senza dubbio, di ambire a pieno diritto alla Palma D'oro.
A sessantacinque anni, dopo avere sprecato il talento, lasciato andare via l'amore della sua vita, perduto ogni concreta di speranza di "salvezza", l'uomo continua ad incontrare uomini e donne atroci e complessi sullo sfondo di una Roma disfatta evanescente eppure irresistibile.
Un capolavoro annunciato questo film di Sorrentino in cui l'arte del frammento diventa metodo e in cui il cinema è lo strumento di riflessione perfetto per indagare più o meno seriamente su un eterno presente fatto di corpi nudi e pensieri solitari, alla ricerca di una felicità o, almeno, di una speranza che ad una certa età può essere restituita solo dalla nostalgia.
Sorrentino non si nasconde: il suo sguardo fatto di cinismo, di battute più o meno amare, di immagini composte e di posture sbilenche avvolge, così come sembra fare l'intera città, Gambardella un uomo tradito dalla sua stessa ambizione che pur vedendolo incoronato re della mondanità, lo ha deprivato delle forze e del tempo per diventare ciò che in fondo avrebbe dovuto sempre essere.
Il giornalista - scrittore che non ha mai pubblicato il suo secondo romanzo, si muove sullo sfondo di una città felliniana con uno sguardo carico di stupore e amara ironia, con quella giusta distanza che lo porta ad essere un passo più avanti degli altri e, al tempo stesso, un attimo più indietro di chi vorrebbe vederlo allontanarsi per creare un nemico e che, invece, si trova quasi a fianco un compagno disincantato in attesa dell'ultimo salto verso il Nulla.
Tra Sacro e Profano, tra sesso e solitudine, tra peccato e penitenza,tra splendore e orrore mediocre, La Grande Bellezza è uno dei film italiani più importanti degli ultimi venti anni. Un capolavoro visivo e spirituale che richiede allo spettatore di sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda di un uomo solo alle prese con una galleria di disperati e di privilegiati che trascorrono le loro esistenze alla caccia di qualcosa e qualcuno con le quali provare inutilmente a riempirle.
Un film drammatico e aspro, ma al tempo stesso, esilarante in cui il cinema di Sorrentino si confronta con la melanconia struggente di un Carlo Verdone inedito, con la sensualità di una Sabrina Ferilli alla sua migliore interpretazione di sempre, con un crescendo narrativo fatto di decine di storie senza senso dominate dall'unico ricordo dell'amore perduto per sempre in una notte al faro in cui la 'grande bellezza' di un corpo nudo si è rivelato a Gambardella cambiandolo per sempre.
Un testamento dell'Italia di questi anni nella Roma di oggi riletta tra le suggestioni di una Dolce Vita 2.0 e di una sorta di Segno del Comando dove i fantasmi del passato costituiscono il meglio del nostro presente.
Fonte: globalist
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