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Per il Quirinale ogni regione manda il suo impresentabile: ecco l’elenco di tutti i delegati imbarazzanti

 

 

“La scadenza è stata data: entro giovedì i delegati saranno tutti nominati”. Le parole di Eros Brega, coordinatore della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni, sono chiare. La lista dei 58 delegati regionali che, insieme a senatori e deputati, voteranno il prossimo inquilino del Quirinale, è dunque quasi pronta. Ma tra i nomi già decisi spuntano tanti impresentabili. Dall’imperatore e pregiudicato valdostano Augusto Rollandin al collezionista di processi Giuseppe Scopelliti, da Ugo Cappellacci al vicepresidente friuliano indagato per devastazione dell’ambiente. E poi l’en plein della Liguria che manda tre impresentabili su tre. E Lazio e Lombardia: due giunte nuove, ma entrambe inviano a Roma due indagati per la gestione “scialacquatoria” delle legislature precedenti. Altra particolarità: Vendola non sarà tra i designati. Ma ci sarà comunque. Da onorevole. E non è l’unico.

 

 

di Carmine Gazzanni
quirinale_impresentabiliMancano poche regioni all’appello. Oggi, probabilmente, tutte comunicheranno i loro nomi, come assicura Eros Brega, presidente del Consiglio regionale umbro e coordinatore della Conferenza dei presidenti delle Assemblee legislative delle Regioni.  Sicuramente infatti “la compagine regionale sarà definita, e formalmente comunicata al Parlamento, in tempo ampiamente utile per la convocazione di giovedì 18 aprile”. Insomma, tutto (o quasi) è ormai deciso.
D’altronde, in molti casi – come ci confermano dalla Conferenza delle Regioni – è semplicemente una formalità la nomina dei tre delegati, dato che solitamente i tre designati sono i Presidenti di Giunta e di Consiglio, più il capogruppo del maggior partito di opposizione (quindi Pd o Pdl, a seconda). È il caso, ad esempio, della stessa Umbria che manderà la Governatrice Catiuscia Marini, il Presidente di Consiglio Brega e il pidiellino Massimo Mantovani.


Che sia solo usanza, però, è bene precisarlo. Nichi Vendola, infatti, non sarà tra i delegati. Né lui, né il capogruppo del Pdl in assemblea regionale Rocco Palese. Entrambi, però, saranno tra i grandi elettori nell’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Ci saranno, infatti, nelle vesti di onorevoli. Sebbene, come già documentato da Infiltrato.it, abbiano già dato le dimissioni a Montecitorio.
Non è questa, però, l’unica vicenda che crea (non poco) imbarazzo nella Conferenza delle Regioni. Ad accomunare i grandi elettori, infatti, sono il numero di impresentabili. Se tra senatori e deputati siedono numerosi indagati, anche tra i designati a partecipare all’elezione del nuovo inquilino del Quirinale, ne spiccano di numerosi.
In Liguria, addirittura, si è fatto en plein. Tre su tre. Il consiglio regionale, infatti, ha deciso di mandare a Roma Luigi Morgillo, capogruppo Pdl indagato per peculato, Rosario Monteleone, presidente del consiglio regionale in quota Udc ritenuto dai magistrati vicino al capo-locale della ‘ndrangheta di Genova e il governatore del centrosinistra Claudio Burlando in contatto, stando alle carte dei carabinieri, con un imprenditore in odore di mafia, già condannato per corruzione. Ma la situazione è imbarazzante anche in altre regioni. Nel Lazio, oltre a Zingaretti e Daniele Leodori, andrà Mario Abruzzese (Pdl), ex presidente del consiglio regionale del Lazio, finito sotto inchiesta per abuso d’ufficio per gli sperperi della gestione Polverini (avrebbe prorogato fuori tempo massimo l’incarico di Nazareno Cecinelli, segretario generale al consiglio regionale Lazio).

 Per un motivo molto simile un altro impresentabili tra i delegati spunta in Lombardia: stiamo parlando del Presidente del Consiglio Raffaele Cattaneo del Pdl (che andrà a Roma insieme a Maroni e Ambrosoli) indagato per peculato dai magistrati milanesi per le spese pazze che sarebbero state effettuate dalla maggior parte dei consiglieri del Pirellone nella scorsa legislatura.
Insomma, tanti gli impresentabili. La cosa, però, non deve particolarmente sorprendere. Se guardiamo solo ai Governatori delle Regioni italiane, ci accorgiamo di come tanti di questi siano indagati o, addirittura, condannati. Basti pensare al Presidente della Sardegna Ugo Cappellacci, rinviato a giudizio per abuso d’ufficio nell’inchiesta sugli appalti dell’energia eolica (da cui poi un altro filone ha portato alla vicenda P3) e per bancarotta per fatti risalenti a quando era presidente di una municipalizzata. Potremmo, ancora, citare Giuseppe Scopelliti, condannato in appello per la vicenda sullo smaltimento del percolato della discarica di Longhi Bovetto, indagato per la gestione della sanità quando ne era Commissario, oltreché per abuso d’ufficio. Non solo. Il comune di Reggio, d’altronde, è stato sciolto per infiltrazioni mafiose dopo accertamenti che sono partiti durante il periodo in cui lui era sindaco. Tanti, infatti, i rapporti amicali controversi e pericolosi. Due su tutti: Massimo Pascale, ex segretario particolare di Scopelliti e ora capostruttura in Regione e l’ex assessore Luigi Tuccio. Entrambi sono cognati di Pasquale Condello, omonimo cugino del più noto Condello, detto il Supremo.

Lo stesso Maroni, d’altronde, come ben si sa, ha sul groppone una condanna in via definitiva per oltraggio a pubblico ufficiale. E poi Stefano Caldoro, indagato per epidemia colposa; il Governatore lucano Vito De Filippo per turbativa d’asta; l’abruzzese Gianni Chiodi, per attività di gestione dei rifiuti non autorizzata e inquinamento dell’aria per una vicenda relativa alla discarica La Torre, in provincia di Teramo.
E ancora. Tra i delegati spunta ancora Paolo Romano (Pdl) in Campania il cui nome, qualche anno fa, emerse nelle carte dell’inchiesta su Cosentino: secondo la testimonianza di un imprenditore in odor di mafia, Romano avrebbe insistito affinchè questi “lavorasse” per l’elezione di Cosentino. In tal caso si sarebbe intervenuto sul prefetto Elena Maria Stasi (candidata, peraltro, col Pdl alle scorse europee) affinchè rilasciasse il certificato antimafia all’imprenditore. In Calabria, invece, ecco Sandro Principe: sebbene sia stato prosciolto da ogni accusa, il suo materiale elettorale venne trovato nelle abitazioni di mafiosi della Piana di Gioia Tauro e della Locride alla vigilia delle elezioni politiche dell’aprile 1992. 

 Le operazioni furono portate avanti dall’allora procuratore di Palmi Agostino Cordova e dall’allora pm di Locri Nicola Gratteri. Per ben due volte Cordova chiese l’autorizzazione a procedere nei confronti dell’allora sottosegretario al Lavoro Sandro Principe. L’autorizzazione venne però negata dalla Camera dei deputati. Nella richiesta del procuratore Cordova c’era di tutto: dalla campagna elettorale fatta per Sandro Principe da mafiosi e pregiudicati della Piana di Gioia Tauro, sino agli incontri di Sandro Principe (fotografati dai carabinieri di Rosarno) col boss mafioso Marcello Pesce nella saletta riservata di un bar di Rosarno.
Il nome del delegato pugliese Onofrio Introna, invece, emerge da altre carte, relative queste agli affari dell’imprenditore Vito Degennaro, il barese che secondo molti gestisce gran parte dei lavori pubblici. Secondo l’accusa “champagne e cassette di pesce” venivano consegnate, tra gli altri, anche all’allora assessore regionale Introna. E, ancora, il vicepresidente della giunta e assessore alla sanità friulano Luca Ciriani, rinviato per reati di distruzione di un habitat all’interno di un sito protetto e per il reato di distruzione di bellezze naturali di luoghi protetti: insieme ad altri avrebbe deciso per l’abbattimento di alberi secolari nella rinomata Val Rosandra.

Chiudiamo, infine, con l’unico delegato valdostano Augusto Rollandin. Anche lui inseriamo tra gli impresentabili. E a giusta ragione vista la condanna del ‘94 in via definitiva a 16 mesi di reclusione e all’interdizione dai pubblici uffici per abuso d’ufficio per favoreggiamento in appalti. Nonostante la condanna, però, Rollandin non è rimasto con le mani in mano. E allora, dato che l’interdizione non si applica al Parlamento, si è fatto eleggere senatore. E poi, riabilitato dalla magistratura, è tornato alla ribalta in regione. È ovvio, però, vada lui a Roma dato che è un po’ un factotum in Valle D’Aosta: oltreché governatore è prefetto, capo dei vigili del fuoco, decide i responsabili delle società controllate e della sanità. E, come se non bastasse, possiede anche il Casinò di Saint Vincent, con Grand Hotel collegato: un giro d’affari di 100 milioni di euro e rischi di infiltrazioni mafiose, come segnalato tempo fa in consiglio regionale da Enrico Tibaldi, dissidente Pdl.
Il 18, dunque, Rollandin andrà a Roma. Visti alcuni dei suoi colleghi, sarà in buona compagnia, non c’è che dire.

Fonte: l'infiltrato 

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