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Bergoglio a 5 stelle: tagli e niente bonus ai dipendenti

 

 

Siamo stati tra i primi a “massacrarlo” per il suo passato vicino alla dittatura militare argentina. I fatti sono fatti e vanno raccontati. Ma va detto anche che Papa Francesco si è lasciato tutto alle spalle per dare un’impronta nuova ad una Chiesa distrutta da scandali, sprechi e porcherie varie. Gli sono stati sufficienti pochi gesti per far capire che l’aria è cambiata. Ed ecco arrivare la mannaia dei tagli agli sprechi: niente bonus ai dipendenti. Chapeau.

 L'austerity del Papa: niente bonus ai dipendenti. La nuova linea di sobrietà introdotta da Francesco (in sintonia con la politica della Santa Sede di taglio delle spese per far fronte alla crisi) si traduce anche nel mancato versamento ai dipendenti vaticani della gratifica normalmente corrisposta per l'elezione del nuovo Pontefice. Invece di isolarsi nell'Appartamento, fa vita comunitaria coi sacerdoti a «Santa Marta», ha ridotto all'osso la «pompa» pontificia e pianifica di riformare la Curia per snellire la «sacra burocrazia».

Rompendo con la tradizione, Bergoglio ha deciso di non attribuire ai 4mila impiegati d'Oltretevere l'indennità straordinaria che normalmente veniva versata in passato per l'inizio del nuovo pontificato. Ha preferito fare un'elargizione ad alcuni enti assistenziali e caritativi. La decisione raddoppia la perdita economica per il personale vaticano, che già al momento della rinuncia di Benedetto XVI non aveva usufruito, per volontà del camerlengo Bertone dell'«una tantum» che viene solitamente assegnata per la «sede vacante».


Il «no» di Bergoglio, dopo un periodo di incertezza in cui le indiscrezioni si accavallavano, è arrivato in coincidenza con la visita del Papa alla Segreteria di Stato, in cui aveva ringraziato gli addetti per il loro «servizio impagabile». «Perché sono qui? - aveva detto il Papa - Per ringraziarvi, perché so che in questi giorni avete lavorato molte ore di più e ciò non si paga perché lo avete fatto con il cuore. Si paga soltanto con un "grazie tante", ma di cuore».
E quel «non si paga» ha anticipato la conferma ufficiale che il personale vaticano non avrebbe intascato il bonus. «Data la difficile situazione economica generale - spiega il portavoce della Santa Sede, padre Federico Lombardi - non è apparso possibile né opportuno gravare i bilanci di una considerevole spesa straordinaria non prevista». Per il Vaticano il risparmio è notevole. I bonus a cui si è rinunciato non sono di poco conto. Nel 2005 i dipendenti avevano ricevuto 1.500 euro ciascuno: una prima gratifica di mille euro per la morte di Wojtyla, e una seconda di 500 euro per l'elezione di Benedetto XVI.

 C'è chi ricorda ancora, poi, i multipli bonus del 1978, l'anno dei tre papi. Fino a Paolo VI, inoltre, i dipendenti ricevevano in più due stipendi pieni, uno per la morte del Papa e uno per l'elezione del successore.
Adesso però il Vaticano vive tempi diversi: sia per la crisi finanziaria che richiede risparmi e tagli di spese, sia per i proclami di Francesco in favore di «una Chiesa povera e per i poveri».
Ed è a loro che è stata destinata l'elargizione per la quale Bergoglio ha attinto ai fondi disponibili per la carità del Papa «come segno dell'attenzione della Chiesa per le molte persone in difficoltà».


La Santa Sede, anche in conseguenza della stretta finanziaria mondiale, è alle prese con una strategia di «spending review» e di gestione parsimoniosa delle risorse, per evitare che i bilanci precipitino ulteriormente verso il rosso.
Parlando dei conti del 2012, il presidente dell'Apsa Calcagno ammette: «L'anno scorso abbiamo portato a casa la pelle, poteva andare molto peggio». Intanto nella lettera indirizzata ai suoi ex confratelli argentini, riuniti in assemblea plenaria al santuario di Pilar, Francesco chiede scusa «per l'assenza dovuta a impegni assunti di recente che mi trattengono». In refettorio siede ogni volta in un posto diverso, a fine messa prega seduto in fondo alla cappella, si prepara da solo il caffè e lo offre alle guardie svizzere che piantono la sua stanza.


LEGGI DALLA FONTE ORIGINALE – Giacomo Galeazzi su LaStampa.it

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