LAZIO/ Tra politiche e regionali: ecco la sagra di impresentabili, indagati, voltagabbana e figli di papà
Pionati e la Bongiorno lasciano la Camera e vanno alla Regione; in senso inverso si muovono Renata Polverini e un numero impressionante di ex consiglieri e assessori Pd e Pdl. Tragicomici alcuni casi in cui i democratici, per non dare nell’occhio, hanno preferito candidare mogli e figli di esponenti troppo invischiati negli scandali che hanno colpito nell’ultimo anno la Regione. E poi tanti gli indagati, i condannati e gli amici di. Nel Lazio, insomma, ci si avvia verso la sagra dei riciclati incandidabili.
Renata Polverini terzo posto alla Camera (terzo posto nella circoscrizione Lazio 1: posto dunque assicurato) e Giulia Bongiorno, dopo una legislatura a Montecitorio, in corsa per la presidenza della Regione. L’ex Presidente della Camera Irene Pivetti in corsa per un posto per la Pisana con i Cristiano Popolari di Baccini e l’ex capogruppo Pdl in giunta Francesco Battistoni (il cui nome era salito agli onori della cronaca dopo lo scandalo Fiorito e dopo alcune sue foto compromettenti in serate non proprio di gala) sesto nel collegio Lazio 2. Ecco solo uno dei tanti esempi di riciclaggio politico che è stato messo su nella regione laziale. Non bastano scandali, inchieste, sprechi inverosimili per frenare la brama di interessi e di politica. E allora, dopo la pessima gestione della cosa pubblica in regione, tanti si sono buttati per un posto alla Camera. E, di contro, tanti personaggi fino a ieri protagonisti a Montecitorio hanno deciso di cambiare poltrona, ma di rimanere comunque nell’Olimpo della politica che conta con un bel posto in Regione Lazio.
Insomma, anche dopo le pesanti inchieste che hanno coinvolto l’amministrazione regionale, sembra non ci sia tanta voglia di cambiamento. Prova ne sia il fatto che anche tanti sacrificati da Gianni Alemanno dopo lo scandalo parentopoli in Campidoglio hanno trovato un posto più che dignitoso per la corsa alla Pisana: da Sergio Marchi (La Destra) a Laura Marsilio (Fratelli d'Italia) fino a Fabio De Lillo (Pdl), tutti pronti a tornare alla ribalta, questa volta da consiglieri regionali. Ricandidati, poi, anche tre assessori uscenti della giunta capitolina: Marco Visconti, Antonello Aurigemma e Fabrizio Ghera. Senza dimenticare i quattro uscenti, tutti in lista col Pdl, membri della giunta Polverini. Insomma, non proprio aria di rinnovamento.
Le cose non cambiano affatto se ci spostiamo sul versante democratico. Anzi. Se si può si è fatto anche peggio. Inspiegabilmente esclusi dalle candidature Giuseppe Rossodivita e Rocco Berardo, i due radicali che, con la pubblicazione sul loro sito delle dimensioni abnormi dei finanziamenti di gruppi consiliari della Regione Lazio, avevano dato il la alle inchieste giudiziarie che hanno portato agli arresti di Franco Fiorito e di Vincenzo Maruccio. Niente paura. Al loro posto Bersani ha pensato bene di candidare a Palazzo Madama Bruno Astorre, l’ex presidente del consiglio regionale che faceva parte dell’ufficio di presidenza nel quale si deliberavano gli stanziamenti sui quali è in corso una inchiesta della Corte dei conti. Insieme a lui, candidati al Senato anche altri quattro ex consiglieri candidati Pd: Carlo Lucherini, Claudio Moscardelli, Daniela Valentini e Francesco Scalia. Marco Di Stefano, invece, sarà in lizza per un posto a Montecitorio.
Ma la mancanza di aria di rinnovamento si vede anche in altro. Non sono pochi, infatti, i nomi di incandidabili indagati che, qui e lì, spuntano. Come ad esempio quello di Claudio Fazzone, indagato per abuso d’ufficio dopo la scoperta di lettere di raccomandazione (peraltro scritte su carta intestata della Regione e normalmente protocollate) in cui si segnalavano persone da spostare o assumere alla Asl inviate da Fazzone quando era Presidente del Consiglio Regionale del Lazio. O quello di Giorgio Simeoni – anche lui Pdl – imputato per associazione a delinquere, truffa aggravata, falso, corruzione, emissione di fatture per operazioni inesistenti e favoreggiamento, nonché un danno arrecato alle Asl di 8 milioni di euro per corsi di formazione fantasma. Nonostante questo, già nel 2008 venne candidato al Parlamento. Ed ora ci riprova. Nuovamente. Non poteva poi mancare nel novero degli in candidabili la candidata montiana Linda Lanzillotta. I partiti, praticamente, li ha girati tutti: da giovanissima ha militato nel gruppo maoista Unione dei Comunisti Italiani, è stata ministro Pd, poi è passata all’Api di Rutelli e oggi è impegnata a sostegno dell’Agenda Monti. Ebbene, sulla Lanzillotta pende una condanna della Corte dei Conti (confermata in Cassazione) per danno erariale al risarcimento di 40 mila euro. I fatti risalgono a quando era assessore al bilancio del Comune di Roma, nella giunta guidata dal sindaco Rutelli, per alcune consulenze ritenute ingiustificate, relative alla privatizzazione della Centrale del Latte. Qualcuno, però, avrebbe potuto ricordarsi di lei. E allora ecco la furbata: la candidiamo in Umbria.
Spazio, poi, anche per i tanti parenti in cerca di un posto in Paradiso. Tanto alla Pisana quanto a Montecitorio. Per le regionali ricordiamo, tra gli altri, Luca Gramazio, figlio del senatore Pdl Domenico ed ex capogruppo in Campidoglio; Pietro Sbardella (lista Bongiorno), figlio di Vittorio, deputato Dc di fede andreottiana; e Alessandro Maria Casciani (lista Storace), figlio di Gilberto che nell’ultima legislatura era in aula con la Lista Polverini. Per le politiche, invece, clamoroso quanto accaduto in casa Pd: quarta nel collegio Lazio 1 (posto sicuro) troviamo infatti Marietta Tidei, figlia dell’ex deputato per due legislature Pietro Tidei. Ha lasciato l’incarico il 13 giugno 2012: giusto il tempo di andare a fare il sindaco a Civitavecchia e lasciare posto alla rampolla di famiglia. Curioso anche il caso dell’ex assessore e consigliere regionale Pd Claudio Mancini, rimasto fuori dai giochi. Ma niente paura: ci penserà la moglie, Fabrizia Giuliani, candidata a Montecitorio in Lombardia.
Imbarazzante anche quanto deciso in casa Pd per l’ex capogruppo regionale Esterino Montino (colui che una fattura di 4.500 euro spesi in una famosa enoteca, dicendo che si trattava dei doni natalizi per i bimbi delle famiglie disagiate): escluso dalle liste per il consiglio regionale, proverà il brivido di fare il sindaco dato che è stata candidato a Fiumicino. Ad arrotondare le entrate familiari ci proverà sua moglie, Monica Cirinnà, che con ogni probabilità andrà a Montecitorio.
E se non ci sono figli o mogli da candidare? Niente paura. Ci sono amici, colleghi e portaborse. Dario Franceschini, ad esempio, è riuscito a piazzare diversi suoi fedelissimi: dall’ex direttore di Europa Francesco Saverio Garofani a Piero Martino, ex portavoce. Particolare non da poco: i tre non hanno partecipato alle primarie, ma sono stati inseriti di imperio dalla segreteria nazionale.
Chiudiamo con un ultimo caso quasi tragicomico e tutto interno alla famiglia Almirante. Se infatti Rita, figlia del primo matrimonio dello storico segretario del Msi, corre a sostegno della candidata centrista Giulia Bongiorno, Giuliana, nata dell’unione di Giorgio Almirante con donna Assunta, è capolista de La Destra. Speriamo non giungano alle mani.
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