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Elezioni 2013, Montezemolo e il conflitto di interessi delle scatole nere

 

 

La Octo Telematics, di cui l'imprenditore di Italia Futura è il maggiore azionista, sta per essere venduta e il profitto potrebbe superare gli 880 milioni di euro. A meno che allo Sviluppo non arrivi un ministro che cambi la legge sui sistemi antifrode sulle auto.

 

Ci sono tante ragioni per cui un impegno di Luca Cordero di Montezemolo è poco opportuno nel Paese del conflitto di interessi: i suoi rapporti con la famiglia Agnelli-Elkann (è ancora presidente di Ferrari, controllata di Fiat), la sua recente vicepresidenza dell’Unicredit in quota dei fondi arabi, l’investimento nel più regolato dei business, quello ferroviario, con il Nuovo Trasporto Viaggiatori di cui ha da poco lasciato la presidenza. Ma c’è un’altra storia, solo in apparenza minore, che spiega meglio la tela avvolgente di interessi e tentazioni in cui si troverebbe (meglio dire si troverà) Montezemolo quando la sua associazione Italia Futura diventerà la colonna su cui si regge la lista Monti. La storia è quella della Octo Telematics e delle scatole nere da mettere nelle automobili per ridurre le frodi in caso di incidente.
IL DECRETO - La Octo Telematics è un’azienda di Reggio Emilia in cui il fondo Charme promosso da Montezemolo ha investito nel 2010. E ora, secondo quanto rivelato da Carlo Festa sul Sole 24 Ore, è pronta per essere ceduta al colossale valore di un miliardo di euro, stando alle stime riservate di Goldman Sachs. Le fortune della Octo Telematics, nata nel 2002, derivano dal talento emiliano del fondatore Germano Fanelli, ma le prospettive future sono rosee soprattutto grazie a uno dei ministri più montezemoliani del governo Monti, Corrado Passera. Nell’ultimo bilancio della Octo Telematics si legge che “il mercato assicurativo, nel ramo responsabilità civile auto, sta attraversando una nuova fase in seguito della recente introduzione del decreto legge 24 gennaio 2012 recante disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”. E’ il decreto Liberalizzazioni che ha messo le premesse per il boom del mercato delle scatole nere sulle auto come strumento antifrode. All’articolo 32 si legge infatti che se l’assicurato installa la scatola nera sull’auto, tutti i costi sono a carico della compagnia che offre anche una “riduzione significativa” della tariffa, tanto poi si rifà grazie alla riduzione delle frodi e dei costi di contenzioso. Non solo: il decreto lascia la possibilità al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (oggi inglobato nel superministero dello Sviluppo) di stabilire per quali altri “ulteriori dispositivi” valga questo regime che è forse nell’interesse di tutti, ma i cui beneficiari maggiori sono i produttori della tecnologia richiesta.
L’AFFARE È PRONTO - Infatti nel bilancio della Octo Telematics, alla voce “evoluzione prevedibile della gestione” è indicato praticamente solo l’impatto del decreto grazie al quale “sono in corso negoziazioni con alcuni clienti attuali per adeguare i contratti vigenti al modello di business regolato dalla legge e parimenti sono stati avviati contatti con clienti potenziali che dovranno implementare nel loro portafoglio le polizze telematiche”. La norma governativa è arrivata al momento giusto: un fatturato già considerevole per la Octo Telematics, 70 milioni di euro, è considerato in crescita potenziale da Goldman Sachs fino a 100 milioni. Proprio a gennaio, lo stesso mese del decreto, il fondatore Germano Fanelli e i suoi soci vendono il loro 30 per cento detenuto tramite la MetaSystem alla Octobi, società capogruppo, che così detiene il 90 per cento (tutto in pegno alle banche). La Octobi è controllata al 60 per cento dalla Montezemolo & Partners sgr, con un investimento di 18,5 milioni di euro tramite il fondo di investimento Charme 2 (in cui con Montezemolo ci sono vari soggetti, tra cui il gruppo indiano Tata). Se fossero corrette le valutazioni di Goldman Sachs riportate dal Sole 24 Ore e la Octo Telematics venisse valutata un miliardo, il fondo di Montezemolo potrebbe vendere la sua quota del 90 per cento realizzando una plusvalenza teorica colossale, oltre 880 milioni di euro. Difficile che vada davvero così, ma comunque si prospetta un buon affare. Sempre che al ministero dello Sviluppo non arrivi un ministro poco compiacente che magari cambi le regole sulle scatole nere, rovinando le prospettive della società emiliana. E sempre che Enrico Bondi, il superconsulente ingaggiato da Monti per la spending review e che ora deve vigilare sui conflitti di interesse dei candidati nelle liste montiane, non abbia qualcosa da ridire sulla vicenda (pare poco probabile).
INQUIETUDINI FERROVIARIE - C’è un solo ministro dello Sviluppo che Montezemolo teme davvero ed è Mario Moretti, l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato che secondo alcuni retroscena giornalistici Pier Luigi Bersani vorrebbe portare al governo. Nei giorni scorsi Massimo Mucchetti, sul Corriere della Sera, ha ipotizzato che dopo le elezioni si affronti la nuova crisi di Alitalia con un’alleanza con le Fs, invece che con una ricapitalizzazione o cedendo le quote dei “patrioti” italiani al partner industriale Air France. Così la concorrenza si ridurrebbe ancora, concentrando i due operatori principali del trasporto (soprattutto sulla redditizia tratta Roma-Milano) a tutto danno della Ntv di Montezemolo. Ieri Alitalia ha smentito ogni ipotesi di alleanza “ in modo assoluto e categorico”. Ma gli azionisti di Ntv, e soprattutto le banche creditrici che hanno in pegno gran parte delle azioni, si sentiranno più rassicurati se la lista Monti sostenuta dalla montezemoliana Italia Futura avrà un buon risultato nelle urne. Luca Cordero di Montezemolo probabilmente non sarà candidato, ma se le cose vanno bene (per lui) potrebbe ritrovarsi ministro. Ma se Monti è coerente con le proprie dichiarazioni sulla volontà di evitare conflitti di interesse, Montezemolo non potrà occuparsi di automobili, banche, assicurazioni, giornali, immobili, televisione (la ex compagna produce fiction e lui, dicono le intercettazioni dell’inchiesta P4, faceva il possibile per farla lavorare in Rai). Magari gli daranno il ministero delle Pari opportunità.

Fonte: il fatto quotidiano

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