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Emergenza Nord Africa in scadenza: che fine fanno i rifugiati?



Il 31 dicembre si conclude il progetto di accoglienza dei migranti fuggiti dalla Libia verso il nostro paese nel 2011, gestito dalla Protezione Civile. Ma sul destino dei circa 20.000 profughi entrati in Italia è buio totale.
“Mancano meno di tre mesi alla conclusione della cosiddetta Emergenza Nord Africa, la cui gestione è stata affidata alla Protezione Civile, e non si sa ancora quale sarà la sorte delle oltre 20mila persone giunte in Italia dalla Libia nel 2011, tra cui molti rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni”. Comincia così l'appello lanciato al governo italiano da una serie di soggetti (Arci, Asgi, Centro Astalli, Comunità di S.Egidio, Senza Confine, Cir, Cgil, Uil, Sei Ugl, Focus-Casa dei Dei Diritti sociali) fortemente preoccupati per la mancanza di un provvedimento che consenta alle molte migliaia di persone presenti di ottenere un titolo di soggiorno di lungo periodo, senza il quale “è impossibile avviare qualsiasi progetto di inserimento sociale”.

Per queste ragioni, i promotori dell'appello sono oggi (30 ottobre) in piazza del Pantheon a Roma (dalle ore 14:00), per manifestare insieme a centinaia di profughi e per chiedere quali sono le prospettive future per le donne e gli uomini attualmente presenti in Italia dopo che il 31 dicembre il progetto Emergenza Nord Africa arriverà a conclusione. Che fine faranno le migliaia di persone accolte, quelle che ancora non sono riuscite a trovare un impiego o una definizione giuridica che permetta loro di rimanere?

I soggetti promotori della manifestazione “Dignità e diritti per i profughi” fanno una serie di richieste precise al governo. Prima di tutto, chiedono una “decisione immediata con un provvedimento chiaro che consenta il rilascio di un permesso di soggiorno umanitario in favore di tutti i profughi giunti dalla Libia”. Poi, “una soluzione dignitosa ed efficace per l’inclusione sociale dei profughi coinvolti nei progetti d’accoglienza, con la predisposizione di risorse adeguate, che consenta di realizzare il processo di integrazione di queste persone con precisi percorsi di uscita dai centri emergenziali con una chiara previsione di misure di sostegno”.


Le altre richieste sono quelle di un “coinvolgimento reale delle organizzazioni di tutela e dei territori coinvolti nell’accoglienza per la definizione delle soluzioni concrete” e di “una verifica puntuale della qualità dei servizi erogati sul territorio nell’ambito dei progetti d’accoglienza per evitare sprechi, chiudendo al più presto quelle esperienze inadeguate di ospitalità e valorizzando le esperienze di qualità, con l’obiettivo di riportare queste ultime al più presto all’interno della rete SPRAR”.

In mancanza di soluzioni concrete, secondo i promotori dell'iniziativa, c'è il “rischio altissimo” che si inneschino “tensioni sociali” ed aumenti ulteriormente il disagio. “Senza soluzioni realistiche e dignitose – si legge ancora nell'appello - si rischia di sprecare ancora per molto tempo ingenti risorse pubbliche alimentando peraltro razzismo e conflitti.

Intanto, dal resto di Europa continuano ad arrivare sostanziali atti di accusa all'Italia, contenuti nelle sentenze che i vari tribunali emettono nei giudizi che interessano i cosiddetti dubliners.

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