Bruno Manfellotto, direttore dell’Espresso, non lo fa mai di
pubblicizzare il suo giornale su facebook. Ma questa volta era
particolarmente orgoglioso. Aveva tra le mani una copertina di quelle
che non si dimenticano. Di quelle che meritano di metterci la faccia. E
cosí contravvenendo al suo solito pudore l’ha postata sul social network
per darle la giusta visibilità. La copertina, che qui pubblichiamo,
molti di voi probabilmente la conoscono. Il titolo “Un tuffo nella
crisi” rimanda all’immagine di una donna in costume immersa nelle acque.
La posa e la bandiera stampata sulla chiappa in bella evidenza
dovrebbero far pensare alla Grecia che come tutti sanno se la passa
peggio di noi. La crisi, forse è questo il messaggio, non è poi cosí
male, perché ha le sembianze di una bonazza e perché a ben vedere
riguarda gli altri Paesi e non l’Italia.
Povero Manfellotto è proprio capitato male. Perché senza accorgersene ha
tolto il velo a circa due o tre anni di ipocrisie. L’ipocrisia che
voleva una certa sinistra, capeggiata proprio da Repubblica e
dall’Espresso, in prima linea contro l’uso pubblico e privato del corpo
delle donne. Come se le donne fossero deficienti che si fanno usare. Ma
va bene, questo è un altro discorso ancora. Il punto è che per anni c’è
stato detto che Silvio Berlusconi umilava le donne, le sfruttava,
offendeva la loro dignità perché le considava solo come corpo, come
strumento di seduzione e di copulazione. E che questo era inaccettabile,
a tal punto che doveva essere cacciato via. Non doveva cioè essere
cacciato perché era a capo di un pessimo governo, ma perché le sue
televisioni avevano propagato una immagine degradata delle donne. E
perché le sfruttava organizzando orge nelle sue varie ville. Qualcuna
aveva provato a dire che questa sinistra stava a sua volta utilizzando
le donne per altri scopi e che tra gli utilizzatori finali c’erano pure
Repubblica e l’Espresso. Ma queste considerazioni a poco sono valse. Una
parte del movimento delle donne, bisogna ammettere quello
maggioritario, ha seguito l’invito di Repubblica scendendo in piazza
contro Berlusconi e contro le donne coinvolte nei processi. Tu Ruby, io
lavoro. Le une contro le altre, in nome di una nuova liberazione della
donna.
Oggi dovremmo essere grate a Bruno Manfellotto. Grazie a lui, alla sua
copertina, è evidente che al gruppo Espresso della cosiddetta dignità
delle donne non gliene fregava niente, così come non gliene frega ora.
Solamente che abbattuto Berlusconi possono tornare a fare come sempre, a
mettere il culo in prima pagina per vendere di più, salvo poi esse
bacchettoni contro la pornografia, la prostituzione, la libertà di ogni
donna di essere come accidenti le pare, quindi anche velina. Loro del
resto, i capi che comandano, sono pure coerenti. Perseguono i loro
interessi. Ciò che non torna in tutta questa vicenda è il ruolo delle
donne che stavano dalla loro parte, in particolare il movimento di Se
non ora quando. Oggi che dicono? Perché stanno zitte davanti a questa
copertina e a tutti i nudi di donna che campeggiano sui siti di
Repubblica e Corriere? Perché ieri protestavano e oggi stanno zitte? Se
ci fosse, non dico un po’ di coerenza, ma un po’ di amor proprio
dovremmo attenderci non un comunicato e basta. Ma un serio ragionamento
su questi anni. Lo si deve alle migliaia e migliaia di donne che ci
hanno creduto.
Fonte: i segreti della casta
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