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L’agenda rossa, e un abito da sposa



E’ inutile che parli della morte di Borsellino. Lo state già ricordando tutti, per fortuna.
Il 19 luglio del 1992 io avevo otto anni e della mafia sapevo ben poco. Perché, giuro, si può sapere poco di mafia anche crescendo a Napoli. Diciamo che molto di quel poco l’avevo saputo il 23 maggio di quello stesso anno, quando in tv vidi l’autostrada sventrata dall’attentato a Falcone.
Torniamo al punto. Il 19 luglio del 1992 c’era, in auto con Borsellino, una donna. Una donna che faceva da scorta a un giudice. Si chiamava Emanuela Loi, aveva ventiquattro anni e doveva sposarsi pochi giorni dopo. Veniva dalla Sardegna, da Sestu, un paesino dell’entroterra cagliaritano. Amava i bambini e aveva un diploma per insegnare alle elementari. Poi, mentre aspettava la chiamata di una scuola, si fece contagiare dal sogno della sorella Claudia e fece il concorso per entrare in Polizia. Claudia non fu ammessa, Emanuela sì. Dopo due anni fu trasferita a Palermo e decise di entrare nell’ufficio Scorte. Superò il corso di addestramento a pieni voti, e il suo primo incarico fu Borsellino.Il 19 luglio non doveva essere in auto col giudice, era a disposizione e solo all’ultimo fu aggregata alla scorta. Fu la prima donna, tra l’altro, ad entrare a far parte di una scorta assegnata ad obiettivi a rischio.

Fu la prima donna agente della Polizia di Stato a venire uccisa in servizio.

Fonte:  Lettera43

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