Passa ai contenuti principali

La Coppa Italia, i fischi all’inno e la retorica del riscatto sociale



Un post, che risponde alle inutili polemiche di ieri sera e di oggi, sui fischi all'inno nazionale prima della finale di Coppa Italia, vinta dal Napoli:


Così, sovvertendo i pronostici, il Napoli vince la Coppa. Un classico due a zero alla Juve campione d’Italia. Un guizzo di Lavezzi. Il rigore di Cavani. E la staffilata chirurgica di Marek Hamsik, imbeccato dal tenore vicario Goran Pandev. Per i bianconeri di Conte è la prima sconfitta stagionale. Sfuma così la possibilità del double, come gli inglesi chiamano la doppietta Coppa-Campionato. Dopo venticinque lunghissimi anni un trofeo si aggiunge alla bacheca del club partenopeo. Il primo dell’era De Laurentiis, iniziata col fallimento del 2004 e l’onta della serie C.
La Coppa è una competizione sportiva. Chiunque se la aggiudichi, la vicenda resta ben confinata nell’ambito della sfera calcistica. Ma se è il Napoli a farlo, il discorso pubblico si sposta inesorabilmente sui mali della città e sul presunto riscatto. È una cosa che non mi piace. Non la capisco. La reputo priva di senso. Che attinenza c’è fra il trionfo degli azzurri e il quindicenne ammazzato nella notte a colpi di pistola? Non la vedo. E con il presunto boss trentaduenne Giovanni Saggese, freddato alla Maddalena? Nemmeno.
Episodi gravissimi, certo, ma distanti dall’ambito sportivo. Lo sport non può in alcun modo incidere sul disagio di una città, che contiene il rapporto storicamente irrisolto, conflittuale, col nord, e i problemi delle grandi aree metropolitane. Cosa possono la Coppa Italia o lo scudetto rispetto alla disoccupazione, ai flussi migratori, al taglio di risorse pubbliche? Nulla. Ed è bene dirlo con chiarezza, tenendo ben distanti i discorsi.
Altrettanto incomprensibili le raccomandazioni dei telecronisti RAI, “Purché si resti nei limiti della festa sportiva”, di fronte all’invasione festosa e all’abbraccio fra i giocatori e tifosi del Napoli sul prato dell’Olimpico. Qualcuno ha pronunciato le stesse parole per la marea di citizens che ha celebrato on the pitch, sul campo, la vittoria del campionato da parte del Manchester City dopo oltre quarant’anni? Nessuno. Da sempre l’invasione festosa del terreno di gioco fa parte della ritualità dello spettacolo calcistico.
Sui fischi all’inno è lecito porsi una domanda: basta una Coppa Italia per determinare un sentimento di appartenenza nazionale? Io credo di no. L’Italia è un paese diviso, che nasce già atipicamente con un’annessione. Certo, nell’ambito di quello slancio ideale del XIX secolo, che affonda le radici negli ideali di libertà, uguaglianza e fratellanza della Rivoluzione Francese. La conquista dell’Unità nazionale era agli occhi dei sognatori non solo un dispositivo di natura territoriale, ma anche un anelito di riequilibrio sociale. Una patria, contro la tirannia dei sovrani e perciò capace di assicurare condizioni di vita migliori ai suoi cittadini.
Che questo non sia avvenuto è banale dirlo. Che le regioni delle ex Due Sicile abbiano subito sin dall’inizio un trattamento diverso e discriminatorio, altrettanto. Poi, dopo un secolo di sottosviluppo ed emigrazione, nel febbraio del 1979 Umberto Bossi fonda la “Lega Autonomista Lombarda” che si trasforma col tempo nell’attuale Lega Nord. La “Questione settentrionale” diventa, per paradosso, centrale nella vicenda politica del paese. Parallelamente, e con maggior intensità nell’ultimo decennio, si registra al sud una nuova crescita dei flussi migratori, attestatisi ormai ai livelli della grande migrazione interna degli anni Sessanta.
Un ulteriore elemento di novità si determina poi negli ultimissimi anni. Ovvero, la nascita di un sentimento neomeridionalista che, seppure in forme vaghe e confuse, inizia a produrre identità. Sono soprattutto i social network il terreno di coltura del fenomeno, che almeno per il momento non approda a un soggetto di massa paragonabile per numeri e agibilità politica alla Lega Nord. Anche in questo caso però la vicenda travalica l’ambito di appartenenza e finisce per invadere la sfera del pallone. Avviene in occasione di Napoli – Catania del 20 febbraio 2011, con l’esposizione nei distinti di bandiere delle Due Sicilie da parte dei tifosi azzurri, alle quali rispondono solidalmente i catanesi con lo sventolio della bandiera della Trinacria con la triscele al centro.
Siamo ben oltre i confini del calcio, è evidente. Ma i fischi di ieri sera meritano un’attenzione più approfondita della condanna liquidatoria. Certamente diversa dalle dichiarazioni di rito del presidente del Senato Schifani a Rai Sport. Non basta parlare di “Gesto incivile che sconvolge” e di “Unità del paese”. Forse l’Unità bisognerebbe iniziare a praticarla sul serio. Farlo in una prospettiva moderna, scevra da nostalgie storiche fuori tempo massimo, sarebbe ancora più essenziale.

Fonte: rosariodelloiavoco

Commenti

Post popolari in questo blog

Un serpente nel bunker di Rebibbia

Il 12 febbraio è iniziato presso l’aula bunker del carcere di Rebibbia il processo contro alcuni militari latinoamericani che durante gli anni ‘70 hanno partecipato all’ Operazione Condor . La maggior parte degli imputati sono già stati processati e condannati in altri paesi, quindi l’udienza è più un risarcimento che una vera ricerca della verità. Operazione Condor La somiglianza tra le dittature militari che hanno dominato il Sud America durante gli anni '60 e '70 è atroce. Guidati dal sanguinoso filo conduttore dell'Operazione Condor e grazie alle tecniche d’oppressione più spietate, sono state capaci di annullare qualsiasi dissenso politico o ideologico.   Dare una stima delle persone che sono state giustiziate o torturate sarebbe tanto inesatto quanto terrificante. È difficile camminare dentro il carcere di Rebibbia e non pensare di essere dentro un fumetto di Zerocalcare. Ma questa mattina, mentre passeggio per questa felice isola...

Emilio Colombo e la storia della cocaina

 Il senatore a vita, morto all'età di 93 anni, è ricordato per l'ammissione sull'uso di droga, per "motivi terapeutici". Fu anche oggetto di pettegolezzi per la sua presunta omosessualità. La morte di Emilio Colombo , il 93enne senatore a vita e storico esponente della Democrazia Cristiana , verrà ricordata come la la scomparsa dell’ultimo dei padri costituenti ancora in vita. Eppure i media hanno ricordato come sulla carriera di uno dei politici più rilevanti del nostro Paese resti la macchia dell’ uso di cocaina , ammessa dallo stesso Colombo nel 2003 per “motivi terapeutici”. C’è poi una curiosità: secondo alcune indiscrezioni, Colombo fu indicato come il premier omosessuale della nostra storia repubblicana. Voci che si erano rincorse negli anni e che furono riprese tre anni fa, dopo un’intervista di Nichi Vendola alle Iene. Di fronte alle domande di Enrico Lucci, il presidente della Regione Puglia spiegò come un “premier gay ci fosse già stato in Italia...

« LE PAROLE PER DIRLO (Alessandro Robecchi). Uno spot per la politica (Antonio Padellaro). » Boom boom boom (Marco Travaglio)

Che spettacolo, ragazzi. A novembre, alla caduta dei Cainano, i partiti si erano riuniti su un noto Colle di Roma per decidere a tavolino il nostro futuro: se si vota subito, gli elettori ci asfaltano; allora noi li addormentiamo per un anno e mezzo col governo Monti, travestiamo da tecnici un pugno di banchieri e consulenti delle banche, gli facciamo fare il lavoro sporco per non pagare pegno, poi nel 2013 ci presentiamo con una legge elettorale ancor più indecente del Porcellum che non ci costringa ad allearci prima e, chiuse le urne, scopriamo che nessuno ha la maggioranza e dobbiamo ammucchiarci in un bel governissimo per il bene dell’Italia; intanto Alfano illude i suoi che B. non c’è più, Bersani fa finta di essere piovuto da Marte, Piercasinando si nasconde dietro Passera e/o Montezemolo o un altro Gattopardo per far dimenticare Cuffaro, la gente ci casca e la sfanghiamo un’altra volta, lasciando fuori dalla porta i disturbatori alla Grillo, Di Pietro e Vendola ...