Il senatore Umberto Bossi è indagato per truffa ai danni dello Stato in concorso con l'ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito.
Nel registro degli indagati risultano anche i due figli dell'ex leader della Lega Renzo e Riccardo. Entrambi sono accusati di appropriazione indebita, sempre con il concorso del faccendiere che gestiva i soldi della Lega.
Le indagini relative alla famiglia Bossi sono partite dallo scandalo che ha scosso il carroccio.
Belsito girava soldi provenienti dai rimborsi elettorali (quindi quelli dei cittadini) alla famiglia del senatùr. Tutte le spese per il leader e prole sono contenute in una cartellina che Belsito teneva nascosta, ma recuperata ben presto dagli investigatori con il nome “The Family” che costituisce la prova schiacciante dei reati dell'ex leader.
Fino ad oggi, Bossi aveva dichiarato di non sapere nulla dei soldi con cui venivano pagate le spese della sua famiglia. Tutto avveniva a sua insaputa, lui e i suoi figli erano estranei alla vicenda. Insomma era tutta colpa di Belsito, ristrutturazione della casa del leader compresa e Bossi non si era accorto di nulla.
Gli investigatori, dopo aver ottenuto un numero sufficiente di prove, si sono finalmente convinti ad inserire “l'allegra famiglia Bossi” nel registro degli indagati.
L'ex leader del carroccio avrebbe intascato qualcosa come 18 milioni di euro.
Secondo gli inquirenti il senatùr forniva ai figli una “paghetta” mensile da 5mila euro.
Questa somma di denaro sarebbe stata totalmente intascata dai soldi provenienti dai rimborsi elettorali, come testimonia una lettera in cui Riccardo Bossi scrive a Belsito per ricevere il denaro, assicurandolo: “Ne ho parlato oggi con papà”.
E di questo papà Bossi, ovviamente, non sa nulla.
Nel filone napoletano dell'inchiesta, intanto, si scopre altro denaro pubblico utilizzato per la famiglia leghista. I cittadini italiani avrebbero pagato anche gli alimenti a Maruska Abbate, ex moglie di Riccardo Bossi.
Secondo una lettera del figlio maggiore di Bossi a Belsito, sembrerebbe anche che noi cittadini avremmo pagato il viagra per le sue “avventure”, ma Riccardo ovviamente smentisce senza un filo di eleganza ai microfoni di Radio2.
Tra Maggio e Ottobre 2011 la signora Abbate avrebbe ricevuto circa 5mila euro.
A prova dell'avvenuto pagamento c'è un bonifico di Belsito presso l'agenzia del Banco di Napoli di Montecitorio.
Gli inquirenti stanno indagando sulle cifre di denaro di cui Riccardo e Renzo Bossi si sarebbero indebitamente appropriati. Come dice il procuratore capo di Milano Edmondo Bruti Liberati: “è sufficiente avere l’indicazione che i fondi destinati al partito sono stati usati per altri scopi”.
Umberto Bossi ha, invece dalla sua, “l'alibi” di essere il legale rappresentante del partito, in quanto firmatario dei rendiconti che portano all’erogazione dei rimborsi elettorali. Nei suoi confronti non c’è - ancora - nessuna contestazione riguardante spese direttamente personali.
Oggi gli investigatori non sono riusciti a consegnare l'avviso di garanzia a Renzo, poiché il giovane è invacanza in Marocco con Monica Rizzi. La stessa ex assessore regionale già indagata per la presentazione di dossier falsi sugli avversari del Trota per il ruolo di consigliere regionale.
La Rizzi aveva inoltre consegnato, per volere del partito, le dimissioni a causa di una presunta laurea in Psicologia da lei ottenuta in Svizzera, che in realtà non risultava essere stata conseguita in nessun ateneo elvetico.
Proprio come la finta laurea di Renzo in Albania.
Dio li fa e poi gli accoppia?
Fonte: you-ng
Ecco chi è il vicequestore di Brescia Emanuele Ricifari, colui che sabato ha guidato le cariche contro il corteo di migranti e antirazzisti a Brescia. Il responsabile di piazza che fin dal concentramento in Piazza Rovetta ha ripetutamentee provocato i manifestanti con minacce, anche personali, di arresto e con beceri insulti. Per capire qual'è la sua posizione politica e la sua concezione reazionaria e fascista della polizia, forniamo una documentazione tratta dal sito laboratoriopoliziademocratica.it che descrive quanto accadde nel 2003 quando l'attuale vicequestore era di stanza a Piacenza presso la locale scuola di polizia. Ricifari allora era anche delegato del Siulp, sindacato di polizia, e fu unodei due membri della commissione che ritennero di sanziona un allievo con la "deplorazione" (per poi espellerlo), invece che con una snazione pecuniaria, perchè aveva sostenuto semplicemente di essere "di sinistra" e a Genova 2001 "non tutti i manifestanti
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