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Per il Ministro Severino il web è un far west. No, non ci siamo proprio



Rubo dal blog di Massimo Mantellini questo passaggio dell'intervento del ministro della Giustizia Paola Severino al Festival del giornalismo di Perugia. Come giusto e prevedibile la Severino ha dovuto rispondere alle domande sulla reintroduzione dell' "ammazza blog”, tra le quali quella del presidente dell'Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino, che si chiede perché una così marcata penalizzazione dei “diari online”.
Vede per quanto riguarda i blog, il problema non è certamente di vederli con sfavore; il problema è di reprimere anche lì l’abuso.
 Cosa che è più difficile perché il giornale ha una sua consistenza cartacea, il giornalista è individuabile, l’editore anche, dunque è possibile intervenire. Il blog ha una diffusione assolutamente non controllata e non controllabile ed è capace di provocare dei danni estremamente più ampi del giornale, estremamente più diffusi.
 Ecco perché io dicevo che bisogna vederne anche la parte oscura. E’ un fenomeno sicuramente positivo per certi aspetti, ma è un fenomeno nel quale si possono annidare tante cose negative. Può essere per esempio un punto criminogeno. L’anonimato che spesso accompagna questo tipo di comunicazione può anche incentivare all’uscita delle pulsioni… alla manifestazione delle pulsioni più oscure e normalmente represse, lo abbiamo constatato in tanti casi: Facebook come punto d’incontro e come punto dal quale poi nascono incontri che hanno conclusioni criminose estremamente gravi.
 Quindi non si tratta certamente di un preconcetto; si tratta della sensazione che questo mondo vada regolamentato. 
Che pur nella spontaneità che ne rappresenta la caratteristica, non possa trasformarsi in arbitrio: e questo credo che sia un messaggio importante.
Dunque, partendo dall'inizio, secondo il ministro un blogger è incontrollabile solo perché può essere anonimo. Non serve spendere troppe parole sulla genericità di tale affermazione.
Il punto più preoccupante è il quadro che dipinge il ministro secondo il quale la blogsfera sarebbe totalmente deregolamentata. Insomma, non esisterebbe la possibilità di applicare norme che già esistono per reati (nel suo linguaggio “abusi”) come la calunnia o la diffamazione. Secondo la Severino invece bisogna importare altre regole, tra le quali, appunto, quell'obbligo di rettifica che non si concilia assolutamente con l'attività del blogger, almeno non nei tempi e nei modi indicati dal famigerato comma figlio del precedente governo.
Voler considerare per forza la Rete come un far west gioca solo a favore di chi vuole imporle regole scellerate e deleterie della libertà di informazione; e in Italia abbiamo decine di esempi di settori iper regolamentati ma che dall'elefantiasi di norme, codici e codicilli hanno ricavato solo ingessatura da un lato e scorciatoie per i più furbi dall'altro.
Che poi l'opera di filtro critico esercitato dai giornalisti e dai grandi giornali sulle notizie sia ancora scandalosamente necessaria è fuori dubbio (anzi lo è ancor più di prima; più aumenta la complessità della realtà circostante più si rende necessario tale esercizio di analisi e sistematizzazione); ma da qui a pensare che bisogna regolamentare le “pulsioni” di blogger e frequentatori dei social network francamente ci passa l'abisso che divide un buona governante da un finto educatore e pseudo psicologo sociale.
Dunque, ministro, faccia semplicemente ammenda e ritiri l'ammazza-blog. Sarebbe un bel gesto tecnico e gliene saremmo grati.


Fonte: Agoravox

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