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Don Luigi Ciotti: ''La spina dorsale della democrazia e della Costituzione è la responsabilità. Il cambiamento ha bisogno di ognuno di noi''



Torna nel Salento Don Luigi. Torna, come sempre, carico e pieno di entusiasmo, voglioso di trasmettere a tutti il suo grande amore per la giustizia e la legalità in ogni sua forma. Al centro di ogni pensiero del Presidente di Libera c’ è sempre l’ uomo e la sua dignità: parole come educazione, etica e responsabilità caratterizzano i suoi discorsi.
Ascoltare un monumento vivente come Don Luigi è sempre un piacere, trasmette una carica straordinaria e alla fine di ogni incontro ci si sente più ricchi dentro.
La duplice occasione, in questo caso, è stata offerta dall’ incontro tenuto a Lecce dal titolo “Etica, vale a dire: Con-Responsabilità!” e dalla presentazione del suo libro “La speranza non è in vendita”, avvenuta a Squinzano, presso l’ auditorium “Giovanni Paolo II” della Parrocchia S. Nicola su invito del settore giovanile dell’ Azione Cattolica cittadina e dell’ associazione culturale Lolek.
Grande riscontro di pubblico, soprattutto a Squinzano, dove un’ aula gremita all’ inverosimile ha ascoltato estasiata e, in alcuni momenti commossa, l’ intervento di Don Luigi.
Il sacerdote ha subito puntato il dito sull’ importanza della cultura: «C’ è un peccato del sapere, un sapere di seconda mano da sconfiggere. E’ la cultura che dà la sveglia alle coscienze. Viviamo una deriva culturale: la Francia spende dieci volte più di noi in cultura». E ancora, l’ etica e la responsabilità devono essere dei cardini della nostra vita, del nostro modo di pensare e di agire: «Etica è la ricerca di ciò che ci rende autentici e chiama in causa la nostra responsabilità. L’ etica si deve reggere sui nostri comportamenti. Responsabile è chi risponde. Responsabilità vuol dire rispondere. La prima responsabilità è quella delle parole. Spesso si abusa di questo termine, così come si fa un uso distorto della parola legalità che è sulla bocca di tutti, a cominciare da chi la calpesta tutti i giorni. Le parole possono avvicinare o allontanare, incoraggiare o scoraggiare».
Il pensiero di Don Luigi va alle vittime di mafia, a cominciare da Don Peppino Diana, proprio nel giorno in cui si ha notizia della profanazione della sua tomba: «Ho incontrato Don Peppino Diana a Casal di Principe pochi giorni prima della sua uccisione. Questa notte la sua tomba è stata profanata. Quando è stato ammazzato, un quotidiano di Caserta ha incominciato una campagna denigratoria nei suoi confronti, facendo riferimenti a problemi di donne. Un eminenza importante mi disse di essere prudente. Gli risposi, e il processo mi ha dato ragione, che era un bravo ragazzo. Aveva invitato su un giornaletto locale la gente a salire sui tetti a pronunciare parole di vita».
Don Luigi invita tutti ad assumersi la propria fetta di responsabilità: «La spina dorsale della democrazia e della Costituzione è la responsabilità. L’ art. 4 ci invita a metterci in gioco per il bene materiale e spirituale del Paese. Senza responsabilità i rapporti umani si degradano, le persone diventano mezzi e non fini. Bisogna guardare alla nostra responsabilità. Il cambiamento ha bisogno di ognuno di noi».
L’ attenzione di Don Luigi si focalizza, poi, sui giovani e sulla loro educazione: «Educare vuol dire mobilitare il desiderio nei nostri ragazzi che cercano un punto di riferimento. Prima di educare alla legalità dobbiamo educarci alla responsabilità. E questa dimensione è importante. I nostri ragazzi hanno bisogno di stima e giustizia in un momento in cui c’ è una deriva. Basta pensare ai 60 miliardi della corruzione. Dato calcolato sul Pil, ma, in realtà, sicuramente più alto. E’ una società che ruba a se stessa. E non ci sono i soldi per le fasce più deboli e i servizi. Aveva ragione Primo Levi: se questo è un uomo…Educare è il primo e più prezioso investimento di una comunità aperta al futuro. Famiglia e scuola innanzitutto, ma non solo. Oggi si impone un nuovo patto educativo».
Don Peppe Diana, Don Pino Puglisi, la zona grigia nella chiesa, Don Luigi è un fiume in piena: «Al magistrato che chiedeva agli autori del delitto il perché dell’ uccisione di Don Pino la risposta fu: “A Brancaccio era arrivato un prete che non era dalla parte dei mafiosi. E’ morto perché ha toccato Cosa Nostra”, lasciando intendere che in passato non era stato sempre così. E mentre moriva Don Pino c’ era un prete che celebrava la messa nel covo di Pietro Aglieri. Le zone grigie nella chiesa purtroppo continuano ad esserci».
C’ è una data che è rimasta scolpita nella memoria di Don Luigi: il 9 maggio 1993. In quel giorno Giovanni Paolo II, nella Valle dei Templi ad Agrigento, sferrò un duro attacco a Cosa Nostra: «Mafiosi convertitevi, arriverà anche per voi il giorno del giudizio!», aveva tuonato il Papa. Un atto d’ accusa arrivato inaspettato, al termine della sua visita e che nessuno si aspettava. Ma cosa spinse il Santo Padre a lanciare quel forte grido che squarciò il silenzio di quella valle? Ce lo spiega Don Luigi: «Il Papa è all’ ultimo giorno della sua visita in Sicilia. Si trova ad Agrigento. Durante il corteo si ferma ed entra in una porticina. Dietro quella porticina c’ erano i genitori del giudice Livatino. Avevano mostrato il diario del figlio, e lì c’ era scritto: “Alla fine della nostra vita non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili”».
Il Presidente di Libera ha parole affettuose per «i familiari delle vittime di mafia che oggi visitano le carceri per i minorenni» e cita un episodio di cui è stato testimone giorni fa per dimostrare come esistano, anche in questo momento di forte egoismo e degrado, persone generose: «A Lampedusa ho visto una donna di 50-60 anni togliersi le scarpe, lontano dalla gente, per donarle a un uomo appena sbarcato con i piedi sanguinanti. La speranza vuol dire opportunità, deve avere il volto dei progetti, deve essere giustizia».
Don Luigi, quindi, cerca di scuotere le coscienze di tutti e non risparmia attacchi a una certa politica: «Il peggior nemico siamo noi stessi. Le cose non cambieranno mai senza il rinnovamento delle persone e delle coscienze. Se le riforme della politica le fanno quelli che non sono cambiati dentro non ci potrà essere un cambiamento. Non bisogna generalizzare. Ma la forza delle mafie sta fuori dalle mafie: basta pensare a certi politici, magistrati e professionisti. Le mafie non moriranno mai se non cambiamo noi».
Soprattutto a Squinzano il fondatore del Gruppo Abele è riuscito a coinvolgere emotivamente una platea incantata dalle sue parole: «Le mafie tolgono la libertà e la dignità. La vita ci affida l’ impegno, l’ impegno di liberare chi libero non è. Chi è senza lavoro non è libero. L’ egoismo è il vero handicap della vita. Ognuno di noi deve fare la nostra parte. Resistere vuol dire esserci, fare, assumerci la nostra quota di responsabilità». Momenti di vera commozione si sono vissuti nell’ auditorium Giovanni Paolo II quando Don Luigi ha ricordato Rita Atria, la sua storia che si intreccia con il destino di Paolo Borsellino che per questa ragazza era diventato un vero padre. Il ricordo di Emanuela Loi, di Roberto Antiochia e l’ incontro con sua madre Saveria da cui nasce l’ idea di Libera.
Ma un’ ovazione si alza da un pubblico con il cuore gonfio di emozione quando il sacerdote afferma: «Il primo testo antimafia è la Costituzione Italiana. Dobbiamo avere due riferimenti: il Vangelo e la Costituzione Italiana. La più grande ferita è la privazione della libertà. Il cristiano deve essere rispettoso delle altre religioni e battersi per la giustizia. Abbiamo aree del nostro Paese in cui la gente non è libera. L’ Italia ha due vere emergenze: un’ emergenza civile in quanto mancano molti percorsi di inclusione sociale, e un’ emergenza etica. Siamo in coma etico, in un degrado morale devastante. Crisi morale, deriva culturale. Non voglio accusare nessuno, ma quando 350 deputati hanno votato che “quella” era la nipote di Mubarak per salvare la poltrona, abbiamo toccato il fondo. La politica come diceva Paolo VI è la più alta ed esigente forma di carità. Servizio per il bene di tutti. Occuparci del bene comune nell’ oggi in cui viviamo. Sant’ Agostino diceva: “La speranza ha due figli, la rabbia per vedere come vanno le cose e il coraggio per cambiarle”».
Ma proprio nel clima di grande entusiasmo arriva l’ affondo, come un padre che ammonisce un figlio distratto e negligente Don Luigi bacchetta chi a Squinzano «ha sparato i fuochi d’ artificio per l’ uscita dal carcere di un personaggio. Mi auguro vi siate ribellati nella vostra coscienza». Con queste parole sprona, esorta, la parte sana della città a ribellarsi.
L’ ultimo pensiero è per Don Tonino Bello: un’ esortazione a ricordarlo e a imitarlo.
Si conclude così il viaggio nel Salento di quest’ uomo straordinario, che riesce a trasmettere agli altri la sua ricchezza interiore, che sa ammonire e allo stesso tempo incoraggiare. La gente in piedi ad applaudirlo, perché una visita di Don Luigi lascia tracce indelebili nella comunità che la riceve, segna profondamente l’ anima di chi lo ascolta, provoca riflessioni e tormenti interiori.
Finisce così una giornata intensa che molti ricorderanno. A me l’ onore di averla raccontata. Grazie Don Luigi per essere stato tra noi!

Fonte: antimafiaduemila

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