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Strage di migranti, l'Italia è colpevole


Un anno fa 63 persone in fuga dalla guerra libica non furono soccorse dalle autorità italiane e morirono dopo il naufragio. Il Consiglio d'Europa punta l'indice contro Italia e Nato: "Queste persone non dovevano morire".
 La responsabilità della morte di 63 persone che fuggivano via mare, in una imbarcazione che di persone ne portava 72, dalla guerra libica durante un viaggio di 15 giorni nel marzo 2011 è “delle autorità italiane, responsabili delle operazioni di ricerca e di soccorso in mare, della Nato, i Paesi le cui navi sono state segnalate nella zona in questione, delle autorità libiche e dei commercianti senza scrupoli”. È quanto emerge dal rapporto di Tineke Strik, relatore dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (Apce) sul tema "Vite perdute nel Mediterraneo: chi ne è responsabile?", presentato a Bruxelles. La tragedia colpì un barcone partito da Tripoli il 26 marzo 2011, poco dopo l'avvio dei raid della Nato. Secondo il rapporto, hanno portato alla morte di queste persone l'assenza di risposte alle richieste di aiuto e l'assenza di “responsabilità” per la ricerca e il salvataggio.

E' stata, insomma, una “catena di errori”. Ma l'accusa del Consiglio d'Europa sottolinea il fatto che l'Italia è il primo Stato ad aver ricevuto la richiesta di aiuto ed è quindi considerata responsabile di non aver assunto il coordinamento delle operazioni di soccorso.

Il rapporto critica la "Nato e i paesi coinvolti militarmente in Libia per non essersi preparati in modo adeguato all'esodo di profughi e rifugiati". "Queste persone non dovevano morire - afferma -. Se i diversi attori fossero intervenuti o fossero intervenuti in modo corretto, si sarebbe potuto metterli in salvo in molte occasioni".
 “Il j'accuse del Consiglio d'Europa conferma quanto avevamo gridato ai quattro venti durante la cosiddetta emergenza Nord Africa cioè che il Governo Berlusconi, con la sua politica dei respingimenti in mare, si è macchiato di orrende violazioni dei diritti umani.” Lo sostiene Jean René Bilongo, dell'Ufficio Immigrazione Cgil nazionale. “Gli autori – continua Bilongo - dovrebbero quantomeno fare atto di contrizione per le loro sciagurate scelte. Questo ennesimo intervento comunitario c'impone di riconsiderare l'approccio in materia d'immigrazione. Non possiamo continuare ad essere messi alla gogna dell'Europa e del mondo per l'insensatezza delle scelte politiche della destra”.

Irregolare il 90% degli ingressi
Nel 2011 circa il 90% di tutti i richiedenti asilo nell’Unione Europea è entrato irregolarmente. Lo sottolinea il Consiglio italiano per i rifugiati (Cir) che ricorda, inoltre, come i migranti che cercano di raggiungere l’Europa siano generalmente soggetti a gravi violazioni dei diritti umani nel loro viaggio, in particolare nei paesi di transito e in alto mare. “Molti sono rifugiati che scappano da guerre, violenze e persecuzioni, che non hanno altra alternativa che tentare il pericoloso viaggio del mare per ottenere la protezione di cui hanno bisogno – si legge in una nota -. La possibilità di richiedere asilo nell’Unione Europea dipende dalla presenza fisica della persona nel territorio di uno Stato Membro. Ma le misure introdotte nell’ambito del regime dei visti e delle frontiere dell’Ue hanno reso praticamente impossibile per quasi tutti i richiedenti asilo e rifugiati raggiungere i territori dell’Ue in modo legale”. Non solo, sono stati rafforzati i controlli alle frontiere esterne ma i sistemi di sorveglianza sono stati estesi anche ai territori dei paesi terzi così la stragrande maggioranza arriva irregolarmente.

Non si ferma inoltre “la strage di migranti che cercano di arrivare in Italia”. Secondo le stime di Fortress Europe, dal 1998 all’agosto 2011, 17.738 persone sono morte nel tentativo di raggiungere l’Europa. Solo nel corso del 2011, circa 2 mila tra uomini, donne e bambini sono morti nello Stretto di Sicilia: il 5% di tutti coloro che hanno tentato di raggiungere l’Europa dalla Libia. “I migranti sono spesso intercettati e respinti in mare, senza avere la possibilità in molte occasioni di chiedere asilo nell’Ue, con il concreto rischio che i diritti umani dei rifugiati e il principio di non refoulement venga violato – aggiunge il Cir - La gravità di tale contesto ci riporta alla sentenza sul caso Hirsi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che ha stabilito che, respingendo i migranti verso la Libia, l’Italia ha violato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e in particolare il principio che vieta di rimpatriare i migranti nei paesi dove potrebbero subire persecuzioni o trattamenti inumani e degradanti”.

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