L’avete notato? La neve e il gelo si accaniscono contro i treni normali, i regionali, i pendolari, gli Intercity e risparmiano quasi sempre i treni di serie a come le Frecce Rosse. È successo una settimana fa, quando ci sono state le prime nevicate. È risuccesso ieri con il secondo nodo di freddo. Venerdì sera le Ferrovie hanno
deciso di chiudere decine di linee in 13 regioni, tutte tratte secondarie, cancellando numerosi convogli regionali e locali e manco mezza Freccia Rossa. Come mai? Escluso che anche il tempo abbia preferenze
di classe, la spiegazione è un'altra. La ragione è che neve e gelo si fanno sentire soprattutto su treni e linee
dove gli investimenti sono insufficienti o scarsi e la manutenzione approssimativa. Treni e linee di serie B, appunto. Anche il freddo, insomma, evidenzia una realtà sconcertante: grazie alla cura dell’amministratore
Mauro Moretti, e Ferrovie italiane sono diventate una cosa per certi aspetti assai più brutta rispetto al passato. Sono diventate un sistema di trasporto classista che non solo fa viaggiare meglio alcuni su determinati percorsi privilegiati, in particolare il Roma-Milano, ma li fa viaggiare anche con condizioni
meteo avverse, mentre gli altri collegamenti soffrono di una fragilità estrema, con treni preventivamente
cancellati o che rischiano di trovarsi in condizioni da incubo. Come l’Intercity Forlì- Cesena di una settimana fa, bloccato per 7 ore al gelo, o il Roma-Pescara, fermato alla stazione di Tivoli per la bellezza di 48 ore.
LA CURA Moretti ha fatto cadere anche un altro caposaldo della circolazione ferroviaria, e cioè che soprattutto d’inverno il treno sia un sistema di trasporto più comodo e vantaggioso rispetto ad auto e aereo perché in grado di muoversi sempre, con la neve, il freddo, la nebbia, portando i viaggiatori a destinazione sicuri e nei tempi previsti. Questo assioma ora vale solo per le linee moderne dell’Alta velocità, dotate di dispositivi tecnologici adeguati e curate con una manutenzione costante. Per gli altri treni pure questa sicurezza è andata a farsi benedire. È come se le Ferrovie avessero deciso di dividere l’Italia in
due, non solo geograficamente tra Nord e Sud con il taglio recente dei treni notte, ma anche tra viaggiatori da coccolare e viaggiatori che non si meritano nulla. Sono almeno 6 anni, per esempio, cioè da quando Moretti fu nominato amministratore Fs dal governo di centrosinistra, che si sente parlare di un mega investimento di 1 miliardo e 200 milioni di euro per mille nuovi treni regionali e locali che però poi non si vedono. Quelli in circolazione sono sempre più vecchi e scassati, si guastano con relativa facilità e temono qualsiasi avversità, a cominciare dal gelo. Anche le linee tradizionali sono vecchie e affidate ad una manutenzione approssimativa. Con il freddo gli scambi spesso si bloccano e i treni devono fermarsi. Un tempo le Ferrovie mandavano gli spalatori, ma gli spalatori non ci sono più perché, come ricorda il
segretario dei ferrovieri Cisl, Giovanni Luciano, i dipendenti di Rfi (la rete Fs) in pochi anni sono scesi da 45 mila a 28 mila. Al posto delle pale dovrebbero funzionare sistemi meno arcaici come le serpentine elettriche, ma spesso o non ci sono o sono vecchie o tenute male. Il 3 febbraio il Sole 24 ore in un pezzo di analisi avanzava il sospetto che tutto ciò sia frutto di una scelta cinicamente economica: “Forse è un rischio calcolato da parte di Rfi, che accetta di affrontare una situazione di crisi per 2-3 giorni all’anno anziché sostenere i costi di investimento delle resistenze elettr iche”. In una lettera cortese, ma molto dura nella sostanza, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha chiesto per l’ennesima volta a Moretti di potenziare e rinnovare i deviatori degli scambi che con le basse temperature “sono all’origine dei disservizi e impediscono la regolare circolazione dei treni”. Rossi chiede alle Fs di intervenire anche sulla strategica linea Tirrenica nei nodi di Pisa e Livorno dove Moretti si rifiuta di investire “perché sono vicini al mare e le temperature sono meno rigide”. NON SI LAMENTA solo Rossi. Nei confronti del capo Fs è in atto una specie di sollevazione da parte della quasi totalità degli amministratori regionali responsabili del traffico locale. Il presidente della Puglia, Nichi Vendola, per esempio, ha ingaggiato con Moretti un durissimo braccio di ferro; quello della Basilicata, Vito De Filippo, gli ha ricordato che di fronte all’emergenza “i problemi si risolvono, non si sopprimono i treni”. L’assessore ai Trasporti del Lazio, Francesco Lollobrigida,
ha rivelato che la chiusura delle linee non è stata concordata con la Regione accusando Fs di “intollerabili scelte autoreferenziali”. L’assessore ai Trasporti dell’Emilia ha avviato un monitoraggio sulle Fs di fronte all’emergenza “per assumere eventuali provvedimenti ”. In Liguria l’assessore Enrico Vesco ha intrapreso un’azione legale contro Trenitalia.
Fonte: il fatto quotidiano
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