Dodicimila soldati nordamericani arriveranno in Libia per consolidare la dominazione del paese da parte dell'imperialismo. L'occupazione avviene mentre il territorio è immerso in conflitti tra le fazioni del CNT e un gruppo armato che si presume leale al vecchio regime ha dato l'assalto alla città di Bani Walid.
Secondo informazioni divulgate dal giornale pan-arabo Asharq Alawsat,
il primo contingente delle forze armate di Washington (si presuppone
che sia previsto almeno un secondo contingente) verrà sbarcato nella
città di Brega, importante centro di esportazione del greggio.
Il controllo di giacimenti, porti,
raffinerie e altri punti strategici per l'estrazione e il flusso del
petrolio libico sarà il principale, e per ora l'unico, obiettivo delle
truppe USA che arriveranno sul territorio.
L'occupazione viene annunciata pochi
giorni prima che un gruppo armato, si presume fedele al precedente
regime, ha preso d'assalto la città di Bani Walid. Secondo informazioni
del cosiddetto Consiglio Nazionale di Transizione (CNT), gli uomini
ostentavano bandiere verdi e intonavano canti a favore di Gheddafi.
Secondo quanto ha riferito alle agenzie
di notizie il responsabile della città dopo il rovesciamento del regime
libico, M'barek al-Fotmani, il gruppo ha avuto il sopravvento
nell'attacco alla base dove si trovavano gli uomini del CNT, uccidendone
almeno cinque, tra cui un comandante, e ferendone altri dieci.
L'agenzia EFE, da parte sua, ha
garantito che si sono registrati “duri combattimenti” tra combattenti
filo-Gheddafi e miliziani agli ordini del CNT.
Versioni sull'intensità degli scontri a
parte, è certo che Bani Walid è sfuggita, anche solo temporaneamente, al
controllo del CNT.
Distrutta la sede del CNT
Uno scenario simile pare che si ripeta a
Bengasi. Alla fine della settimana scorsa, una moltitudine di giovani
inferociti con il Consiglio, ha accerchiato e distrutto completamente la
sede locale del CNT.
Nella città dove gli imperialisti e i
loro alleati locali affermano di aver iniziato la rivolta popolare
contro il regime libico, le manifestazioni di malcontento si sono
moltiplicate nelle ultime settimane, coinvolgendo in particolare gli ex
mercenari al servizio del CNT, che protestano contro l'ambiguità delle
decisioni, il mantenimento dei presunti gheddafisti nei loro
posti dell'apparato dello Stato e, soprattutto, reclamano l'adempimento
delle promesse di pensioni d'oro che erano state fatte in cambio della
loro adesione alla sollevazione armata.
Gli scontri si inaspriscono
Stavolta, le proteste a Bengasi avevano
di mira fondamentalmente il vice-presidente Abdel Hafiz Ghoga, che la
settimana scorsa è scampato alla furia di migliaia di studenti
dell'Università di Ghar Yunis che lo accusavano di aver cambiato casacca.
Ghoba ha dovuto annunciare le sue
dimissioni. La crisi ha comportato una dichiarazione del presidente
Mustafa Abdul Jalil, che ha garantito che il nucleo del CNT non si
dimetterà perché ciò porterebbe il paese alla guerra civile.
Jalil non vuole rendersi conto che gli
scontri si inaspriscono indipendentemente dalla sua volontà, e che non
sono estranee alle azioni intraprese da lui e dai suoi compagni di
cordata.
La crescente contestazione del potere
instaurato e la persecuzione di tutti coloro che possano aver avuto, o
che appena siano sospettati di aver avuto, legami con il precedente
regime, è indizio della miscela esplosiva di ambizioni frustrate e di
l'odio cieco inculcato durante la campagna anti-Gheddafi, che ha trovato
terreno fertile tra gli estremisti islamici, i razzisti e i mercenari
di varia matrice.
Dall'inizio della settimana scorsa,
varie agenzie di notizie hanno dato conto di scontri violenti tra le
fazioni. Il più grave è accaduto a sud di Tripoli tra miliziani delle
città di Gharyan e Assabia, probabilmente quando i primi hanno arrestato
due civili, perquisendone uno e pugnalando l'altro alla gamba,
riferisce Reuters, che cita un portavoce dell'autorità di Gharyan.
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