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Il diritto alla vivacità





Noi, sia chiaro, preferiamo una maggioranza
forte e robusta che governi e
un’opposizione combattiva e vigile che la
controlli (l’esatto contrario della situazione
attuale). Meglio qualche intemperanza e qualche
scintilla di troppo che la morta gora del tutto va ben
madama la marchesa. Dunque saremmo pronti a
dare ragione a Bobo Maroni, che in una lettera al
Corriere risponde al monito di Massimo Franco,
l’estintore-capo del Quirinale, contro la gazzarra
inscenata dai leghisti in Parlamento contro Monti,
Fini e Schifani, e rivendica il “diritto a una protesta
v i va c e ”. Ma a due condizioni. Primo: Maroni ci dica
chi gli ha scritto la lettera, pregna di dotte citazioni
da Whitman, Brecht, Hobbes e Gramsci, dunque
molto probabilmente non sua. Secondo: Maroni
rinneghi tutto quel che lui e gli altri leghisti hanno
predicato per 17 anni contro chiunque osasse
protestare anche molto meno “v i va c e m e n t e ” di
loro contro i loro governi. Siccome Maroni cita
Gianfranco Miglio come padre della Padania,
ricorderà di certo il suo giudizio sul primo governo
B: “Programma demenziale, roba da restaurazione”.
E la risposta di Bossi in rime baciate: “p ove ra c c i o ”,
“vecchio fuori di testa che fa un putiferio perché
non gli han dato la poltrona”, “me ne fotto delle sue
m i n ch i a t e ”, “arteriosclerotico, traditore,
p a n ch i n a ro ”, “una scoreggia nello spazio”. Forse,
17 anni dopo, è il caso di difendere il diritto alla
protesta vivace del professore, nel frattempo
scomparso. Nel 2002, al Palavobis, 50 mila cittadini
protestarono pacificamente contro le prime leggi
vergogna. Il Guardasigilli leghista Castelli
commentò: “Questi discorsi li ho già sentiti da molti
cattivi maestri dopo il '68. Poi vennero gli anni di
piombo”. L’anno scorso, alla festa del Pd a Torino,
un gruppo di giovani contestò il presidente del
Senato Schifani per le sue amicizie mafiose. La
pasionaria padana Rosi Mauro tuonò:
“Inconcepibile. E queste sarebbero le persone che
professano la democrazia nel Paese?”. Cioè: urlare a
Schifani – peraltro noto insultatore -
“buffone”,“vaffanculo”,“va ’ a cagare”, “faccia di
m e rd a ” è indice di “v i va c i t à ”, mentre ricordare i
suoi soci e clienti mafiosi è eversione? L’altro giorno
Gian Antonio Stella, sul Corriere, s’è divertito a
ricordare quel che dicevano i leghisti quando le
proteste vivaci la faceva il centrosinistra contro le
leggi-porcata del loro governo. Tipo Calderoli:
“L'ostruzionismo parlamentare è una tecnica
legittima. Ma i sit-in in aula, le intimidazioni alla
presidenza, la volontà di creare incidenti o risse no”.
Ancora il 6 settembre il capogruppo Bricolo
bacchettava gl’“ir responsabili” oppositori della
seconda manovra Tremonti: “I mercati ci guardano
e chiedono l’approvazione veloce della manovra,
ma Di Pietro annuncia ostruzionismo duro. Bene fa
il governo a porre la fiducia per evitare la fine della
Grecia, che forse l'opposizione ci augura”. Chissà se
Maroni lo ripeterebbe oggi per la manovra Monti,
che lui e i suoi chiamano “ra p i n a ”. Altrimenti
qualcuno sospetterà che la Lega sia così
“ir responsabile” da augurarci “la fine della Grecia”.
Ps. Nella lettera al Corriere, il vivace Bobo ricorda “i
lusinghieri risultati ottenuti” come ministro
dell’Interno sulla sicurezza. E si compiace perché
“le pretestuose azioni giudiziarie contro le camicie
verdi si sono risolte tutte nel nulla”. Forse ricorda
male: il processo di Verona ai vertici leghisti per le
camicie verdi è finito nel nulla perché i tre reati
contestati – attentato alla Costituzione, attentato
all’unità e all’integrità dello Stato, costituzione di
struttura paramilitare fuorilegge – f u ro n o
depenalizzati dal centrodestra, Lega compresa, nel
2005 e nel 2010. All’insegna, si capisce, della
sicurezza. Purtroppo non ci furono “p ro t e s t e
v i va c i ”, e nemmeno assonnate, dell’opposizione.
Ma, volendo, Maroni può sempre rimediare,
battendosi per ripristinare quei reati. Contiamo
sulla sua proverbiale vivacità.
Marco Travaglio il fatto quotidiano

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