Benedetto, Enzo Moavero Milanesi... Prof,
G ra n d ’uff, Cav di G. Croc... Manca soltanto la
contessa Serbelloni Mazzanti Viendalmare,
anche per via della scomparsa del ministero della
Marina. Chi pensava che bastasse cambiare premier e
governo per archiviare il conflitto d’interessi era un
povero illuso. Il conflitto d’interessi è ormai l’unica
Costituzione riconosciuta in Italia. Infatti ieri vi si è
inchinato persino il capo dello Stato, ringraziando –
non si sa bene a che titolo – con peana e ditirambi
l’uomo del Similhaun Gianni Letta, in arte Oetzi, che
da trent’anni si prodiga per gli interessi del gruppo
Fininvest-Mediaset prima in azienda e poi al governo
(ammesso e non concesso che vi sia qualche
differenza) e che ora, alla tenera età di 76 anni, ha
deciso di compiere l’estremo sacrificio del “passo
i n d i e t ro ”. E vi hanno giurato alcuni ministri (due a
caso: quelli che gestiranno Giustizia e Comunicazioni,
Severino e Passera) e sottosegretari (tipo il viceletta
Catricalà, uomo dal leggendario torcicollo visto che ha
passato la vita a voltarsi dall’altra parte appena
incontrava un conflitto d’interessi). La Guardasigilli
Severino è un’avvocatessa, più che di grandi intese, di
grandi imprese, essendo riuscita a difendere Eni, Enel,
Sparkle, Telecom, Rai, Total, Federconsorzi,
Caltagirone padre e figlia, Geronzi padre e figlia. E poi
Acampora, l’avvocato delle mazzette Fininvest. E poi
democristi di ogni èra geologica: Gifuni, Prodi, Rutelli,
Cesa, Formigoni, col contorno di Caliendo e Augusta
Iannini (del cui marito è spesso ospite a Porta a Porta).
Ma, più che i clienti, della Severino preoccupano le
idee: attacchi ai pentiti di mafia e alle intercettazioni, e
una bizzarra esternazione sulla condanna di Geronzi
per il crac Cirio (“mina il rischio d’impresa del sistema
bancar io”). Poi c’è Passera. Già l’idea di affidare ai
banchieri la soluzione di una crisi provocata in gran
parte dalle banche, non è niente male. Ma quella di
mettere allo Sviluppo il capo di banca Intesa è davvero
geniale. C’è stato un equivoco: si era detto larghe
intese, non larga Intesa. Se oggi l’Italia non ha un euro
per lo sviluppo è anche grazie all’operazione Alitalia,
che nel 2008 ha succhiato 4 miliardi di denaro
pubblico per pagare i debiti della parte marcia del
gruppo, mentre quella sana se la pappavano i “patr ioti”
scelti da Passera (come advisor e creditore), fra i quali
Passera (come Ad di Intesa) e alcuni debitori di Passera.
Il quale poi avrà pure la delega ai Trasporti: e fino a ieri
era socio e creditore non solo di Alitalia, ma anche di
Ntv, cioè dei supertreni di Montezemolo e Della Valle.
Avrà anche la delega alle Telecomunicazioni: e Intesa è
socia di Telecom, vigilata dallo Stato per la telefonia e
concessionaria dello Stato per la tv (La7), così Passera
diventerà il controllore delle sue due vecchie
compagnie. C’entra pure B.? Certo che sì: Intesa l’ha
salvato dai debiti con robuste iniezioni di denaro
fresco, specie ai tempi della quotazione di Mediaset;
nel 2007 anticipò a Forza Italia 94 milioni di rimborsi
elettorali; nel 2010 predispose la fidejussione che
consentì a Fininvest di non pagare a Cir i 750 milioni a
cui era stata condannata in primo grado per lo scippo
Mondadori; e un mese fa, quando finalmente Fininvest
staccò l’assegno da 560 milioni dopo l’appello, Intesa
corse in suo soccorso con un altro fido di 400 milioni.
Si dirà: diventando ministro, Passera lascia Intesa. Ci
mancherebbe altro. Ma davvero si può credere che,
dovendo assumere decisioni in materia aeronautica,
ferroviaria, telefonica o televisiva, riuscirà a
dimenticare gli amici di ieri? Il primo banco di prova
sarà il beauty contest, cioè l’asta per le frequenze digitali,
vendute dal governo precedente alle compagnie
telefoniche per 3-4 miliardi, ma regalate a Rai e
Mediaset rinunciando a incassare almeno altrettanto.
Vedremo se Passera oserà farle pagare anche al mero
proprietario del Biscione. Casomai, se B. non dovesse
trovare i soldi, potrebbe prestargli qualche altro spicciolo banca Intesa.
Marco Travaglio
il fatto quotidiano
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