La minoranza violenta di Roma è riuscita a
rovinare una manifestazione che doveva
lanciare un doppio importante segnale politico:
alla base non c’era infatti solo il disagio
dei giovani che come in tutti i paesi occidentali
sono le principali vittime della crisi, ma
anche la sempre più evidente incapacità dell’Italia
di creare nuova ricchezza e nuovi posti di
lavoro. La protesta italiana ha radici diverse e più
profonde rispetto agli altri Paesi perché i nostri
problemi sono iniziati ben prima della crisi finanziaria.
Anche se gli slogan sono quelli di New York
e Londra contro il debito e le banche, alla base c’è
il fatto ben più concreto che “un quarto dei giovani
italiani oggi è senza lavoro” (lo ha detto Mario
Draghi giovedì, proprio mentre i manifestanti cominciavano
a radunarsi) per colpa di un sistema
politico che negli ultimi venti anni, dominati dai
governi di centrodestra, ha fatto peggiorare tutti
gli indicatori di benessere, dal reddito pro-capite,
all’occupazione, alla condizione femminile.
I giovani italiani non protestano solo perché non
vogliono accollarsi il debito accumulato dalle generazioni
precedenti. Se fosse così, avrebbero
torto perché a essi verrà consegnata anche una
consistente ricchezza immobiliare e finanziaria.
Il problema è che debiti e ricchezze non sono
equamente distribuiti e le seconde sono sempre
più concentrate nelle mani di pochi e soprattutto
di chi non paga le tasse o le paga molto meno delle
uniche due categorie oggi tassate: lavoratori dipendenti
e pensionati (probabilmente come i genitori
di gran parte dei manifestanti).
Dunque la protesta di Roma doveva essere una
grande occasione per richiamare l’attenzione sui
grandi problemi del Paese e per sfatare forse definitivamente
la tesi cara a Berlusconi secondo cui
l’Italia è toccata marginalmente dalla crisi. È vero
invece il contrario: la crisi è nata fuori dai nostri
confini, ma ha fatto esplodere tutti i problemi di
fondo e richiede risposte urgenti, che il governo
più screditato della storia non è palesemente in
grado di dare.
È successo ai dimostranti pacifici
di Roma, in modo ancora più
clamoroso, quello che è successo
ai No-Tav: una minoranza teppista
rischia di oscurare le molte
e solide ragioni del dissenso.
Qui la posta in gioco è ancora
più alta e le forze di opposizione
devono finalmente dimostrare
di essere capaci di incanalare e
dare uno sbocco a una protesta
ancora confusa, ma assolutamente
fondata. Se si vuole davvero
cambiare bisogna ripartire da Roma.
Fonte: il fatto quotidiano
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