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La Libia ha solo cambiato padrone







Il presidente del Consiglio nazionale transitorio (Cnt), Mustafa Abdel Jalil, si è genuflesso davanti al nostro ministro della Difesa, l'ex fascista Ignazio La Russa, giustificando il colonialismo italiano, fascista, degli anni Trenta in Libia: "Il colonialismo italiano, nonostante tutti gli sbagli, non potrà mai essere paragonato a Gheddafi. Gheddafi è stato assai peggio. Il colonialismo italiano portò strade e palazzi ancora oggi bellissimi a Tripoli, Derna, Bengasi. Portò sviluppo agricolo, leggi giuste e processi giusti. Gheddafi invece è stato l'esatto opposto". Intorno a Jalil ragazzini libici sventolavano bandiere tricolori, le nostre, gridando "Viva l'Italia!". Il ministro La Russa, preso da entusiasmo, ha risposto al grido di "Allah Akbar!" (Allah è grande!). E lo credo bene. Il colonialismo italiano, in Libia e altrove, è stato peggiore, come scrive Sergio Romano sul Corriere, di quello inglese e francese. Il che è tutto dire. 
Se avevo dei dubbi su questi rivoltosi libici adesso non li ho più. Sono, oltre che, perlomeno nelle alte sfere, degli ex gheddafiani che hanno cambiato sponda al momento opportuno, a cominciare da Jalil che sotto Gheddafi era ministro della Giustizia, proprio il posto peggiore, degli imbelli, dei servi antropologici che senza il pesantissimo apporto dell'aviazione Nato non sarebbero andati da nessuna parte. Non sono stati loro a rivendicarsi in libertà. La guerra l'ha vinta la Nato. E quando non ci si rivendica da sé in libertà, ma si ricorre all'aiuto determinante dello straniero, poi si pagano pedaggi pesantissimi. Fatte tutte le debite proporzioni, è quanto è avvenuto all'Italia nel periodo 1943-45. Non siamo stati noi a liberarci dal fascismo, ma le truppe americane, inglesi, neozelandesi, australiane, marocchine e dei razzisti sudafricani. La Resistenza è stata il riscatto morale di poche decine di migliaia di uomini e di donne coraggiosi, ma dal punto di vista militare, ad onta di tutta la retorica di cui l'ammantiamo da sessant'anni, non ha avuto nessuna influenza sull'esito del conflitto. E le conseguenze si sono viste. Nonostante noi ci si sia autoconvinti di aver vinto una guerra che invece avevamo perso, e nel peggiore dei modi, siamo diventati dei sudditi, militarmente, politicamente, economicamente e, alla fine, anche culturalmente degli americani. Non solo e non tanto perché gli Stati Uniti mantengono sul nostro territorio un'infinità di basi i cui militari godono di extraterritorialità per cui possono compiere impunemente stragi (Cermis) o stuprare le ragazze napoletane (sì loro, i vessilliferi della dignità e dei diritti delle donne), ma ci costringono a seguirli nel loro avventurismo imperiale: aggressione alla Serbia nel 1999 (governo D'Alema), occupazione dell'Afghanistan da dieci anni, uno scandalo silenziato che grida vendetta al cielo, e la stessa aggressione alla Libia. A cui Berlusconi non avrebbe voluto partecipare perché è tutto, e il peggio di tutto, ma non è un guerrafondaio. Ha altri interessi, i suoi. 
Adesso la Libia diventerà un protettorato occidentale che, come tutti i protettorati, sfrutterà le sue risorse tenendosi per sé il grosso e lasciando agli indigeni le briciole. I libici non si sono liberati. Hanno solo cambiato padrone. 



Massimo Fini

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