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In Germania torna la paura della Stasi, ma in versione 2.0





Il “Bundestrojaner”, un’applicazione che dovrebbe difendere la Germania dal terrorismo e la criminalità on-line, ha scatenato polemiche e mosse del Governo. Secondo gli hakctivist tedeschi il virus spione sarebbe del tutto anticostituzionale, secondo la legislazione tedesca, apertamente garantista in fatto di tutela della riservatezza e dei dati personali. E le capacità del virus andrebbero ben al di là dei compiti di sorveglianza anticrimine.
I tedeschi rispolverano il “vizietto” dello spionaggio a tutto tondo. E lo fanno attraverso un virus per pc, il “Bundestrojaner”. Un’applicazione che dovrebbe difendere la Germania dal crimine informatico ma che all’opinione pubblica tedesca ricorda troppo una rivisitazione della Stasi nell’era del 2.0. Gli appassionati di cinema ricorderanno sicuramente “Le vite degli altri”, la struggente pellicola di Florian Henckel von Donnersmarck che racconta la realtà quotidiana nella Germania Est attraverso gli occhi, pardon, le orecchie di un alto ufficiale del servizio segreto chiamato a smascherare potenziali oppositori del regime attraverso la sistematica intrusione nelle loro esistenze.
A quanto sembra, nonostante siano trascorsi più di vent’anni dalla caduta del muro, a Berlino ci sono ricascati. Solo che questa volta il capitano Gerd Wiesler ha un computer e una connessione adsl. A lanciare l’allarme, ieri, è stato il "Chaos Computer Club", meglio noto nella rete con la sigla CCC, uno dei più grandi ed autorevoli hacker club d’Europa, da sempre vicino alle posizioni del cyberattivismo. Gli hakctivist tedeschi hanno dichiarato di essere riusciti a mettere le mani su un virus di tipo trojan, il "Bundestrojaner", per l’appunto, che il governo tedesco avrebbe programmato con lo scopo di contrastare il terrorismo e la criminalità on-line.
Fin qui tutto bene, se si esclude il fatto che del materiale di intelligence è finito nelle mani di chi, normalmente, con l’intelligence ci litiga. Il peggio è che, stando a quanto affermano gli smanettoni teutonici del CCC, il virus spione sarebbe del tutto anticostituzionale, secondo i dettami della legislazione tedesca, apertamente garantista in fatto di tutela della riservatezza e dei dati personali. E, come se non bastasse, presenterebbe tanti di quei problemi tecnici da rischiare di rivelarsi un pericolosissimo boomerang nell’eventualità (tutt’altro che impossibile, sempre secondo gli hacker) che lo strumento finisse nelle mani sbagliate.
E, per quanto riguarda la sua propensione a finire nelle mani sbagliate, il fatto che il Bundestrojaner sia stato sventolato sotto il naso del mondo intero proprio dal CCC ne è una prova più che sufficiente. Ma facciamo un passo indietro. Il Bundestrojaner sarebbe, a tutti gli effetti, un “cavallo di Troia”, ovvero uno di quei virus in grado di infiltrarsi in un sistema informatico e “prenderne il controllo” dall’interno. In questo caso, però, anziché la finalità di danneggiare il sistema ospite come ogni trojan che si rispetti, il virus avrebbe il compito di intercettare le conversazioni voip (voice over internet protocol), ovvero le telefonate fatte sul web, come quelle che molti utenti italiani già fanno attraverso servizio offerto dalla piattaforma Skype. Il trojan, infatti, sarebbe in grado di insinuarsi tra mittente e destinatario durante la comunicazione e decifrarla prima che questa arrivi a destinazione.
Ma non solo. I CCC affermano che grazie al Bundestrojaner gli 007 tedeschi sarebbero in grado anche di installare e lanciare qualsiasi tipo di programma sui computer “infettati”, e persino di modificare a proprio piacimento qualsivoglia file già presente. Lo spauracchio di una cyberpolizia in grado di manipolare o addirittura “fabbricare” ex novo prove schiaccianti o “pistole fumanti” nel computer dei sorvegliati è davvero troppo, persino per i discendenti dei ligi prussiani. Ed è soprattutto questo ad aver fatto esplodere la polemica, sul web e non solo. Tanto da spingere il governo, che inizialmente aveva glissato, a rompere il silenzio. Il ministro dell’interno Hans-Peter Friedrich, ha tentato invano di placare gli animi dei cybernauti brandeburghesi, ammettendo sì l’esistenza del software ma assicurando sul fatto che il suo utilizzo sarebbe consentito solo alle autorità statali e federali, e rigorosamente nei limiti di quanto previsto dalla legge tedesca. Ma per la rete non sono state di rassicurazioni sufficienti.
L’hacker club che ha lanciato l’allarme, ad esempio, afferma che le capacità operative del virus, come quella di lanciare programmi o modificare file, andrebbero ben al di là dei compiti di sorveglianza anticrimine. E, soprattutto, punta il dito sulle falle del sistema. Un sistema che, affermano i cyberattivisti, potrebbe essere messo ko o fatto proprio da qualsiasi informatico un po’ smaliziato. Prendere possesso del “Bundestrojaner”, dicono, o intercettare le comunicazioni a loro volta intercettate dal virus sarebbe un gioco da ragazzi. Qui custodiet ipsos custodet? Proprio come Giovenale, i tedeschi oggi si domandano chi sorvegli i sorveglianti, a chi tocchi vigilare sul buon operato di coloro che sono chiamati a fare i controllori di stato. In Germania, almeno per ora, sembra ci stiano pensando gli hacker. Ma forse, per come sembrano andare le cose, ci sarebbe molto più bisogno di una cyber-babysitter.
Fonte: http://www.linkiesta.it/Bundestrojaner#ixzz1aUTo2EPp

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