Nonostante le proteste degli indigeni brasiliani contro la costruzione della diga di Belo Monte, il Governo di Dilma Roussef, ha ignorato le loro richieste.
Vaste aree naturali, di bellezza imparagonabile, sono devastate in Sudamerica da aziende internazionali, che si approffitano del basso costo della manodopera e della mancanza di leggi che proteggono questi spazi naturali. I governi, quindi, sono complici della distruzione di specie animali e vegetali, nonchè dei gruppi indigeni che vivono in questi luoghi.
Nel caso di Belo Monte, la costruzione della centrale idroelettrica inonderebbe una grande area di terreno, distruggendo la foresta e compromettendo le condizioni essenziali per la sopravvivenza di altri popoli indigeni della zona come i kayapo, gli arara oppure i juruwa. Raoni, leader dei kayapo, ha cercato di fermare la costruzione attraverso processi legali, ma si sono perfino cambiate diverse leggi per continuare la costruzione della diga, senza far sorgere ulteriori intoppi alla crescita economica.
C`è un`altro caso simile a quello di Belo monte nel sud del Cile, dove hanno progettato la costruzione della diga di HidroAysèn nel mezzo della Patagonia. Secondo studi riguardardanti l`ubicazione degli impianti, il progetto incidirebbe su 6 parchi nazionali, 11 riserve nazionali, 16 zone umide e 32 aree private protette. Inoltre, metterebbe in pericolo 6 comunità mapuche. C`è una grande opposizione sociale alla costruzione di HidroAysèn, infatti le popolazioni, sono riusciti a fermare per il momento la costruzione della diga attraverso un ordine del tribinale, ma sembra difficile che l`interesse naturale vinca su quello económico.
La convivenza tra natura ed uomo è in pericolo in Sudamerica, e mentre paradisi naturali sono persi, i benefici ipotetici che le imprese dovrebbero inxassare non restano nelle regioni colpite.
Nel frattempo il mondo va in declino e noi andiamo avanti per la nostra strada.
Juan Cañadas
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