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I beneficiari del caos


Chi, per propria ammissione, fa una «porcata» è un porco (soprattutto se la porcata è una legge elettorale che priva il popolo della propria sovranità). Il ministro Calderoli sta dando attuazione al ruolo che si è autonomamente assunto bloccando il trasferimento dei rifiuti che ingombrano le strade di Napoli in altre regioni. Non tutte: mentre Toscana, Emilia e Puglia, che si sono dichiarate pronte ad accoglierli - temporaneamente, e per solidarietà - non possono riceverli, Padova, cioè il Veneto, che ovviamente è contrario, ma dove è in progetto, contro gli impegni dell'amministrazione e la volontà popolare, la costruzione di una quarta linea di un inceneritore che ne doveva avere solo due, accoglie e brucia da tempo parecchi rifiuti di provenienza campana a 200 euro la tonnellata.

Quello che il ministro Calderoli cerca di promuovere dal suo scranno romano, tenendo sotto tiro la mummia di Berlusconi, è il caos a Napoli e uno scacco del suo nuovo sindaco, per compensare gli smacchi subiti dalla Lega nei «territori» che considera suoi feudi. Non ci riuscirà. Intanto, i rifiuti bruciati nelle strade di Napoli sono a tutti gli effetti rifiuti «speciali»: quelli che possono viaggiare per tutta l'Italia senza accordi tra le regioni, come da tre decenni viaggiano i rifiuti industriali e ospedalieri con cui le regioni della «Padania» hanno riempito e devastato i suoli e i corsi d'acqua della Campania (e di molte altre regioni del Mezzogiorno). Qualcuno, al Tar del Lazio dovrà pur accorgersene. Poi De Magistris ha dalla sua, oltre a una straordinaria mobilitazione popolare, che lo aiuterà a venir a capo del problema, la voce di Napolitano. Contro di lui ci sono, nell'immediato, Governo e camorra, impersonata, per l'occasione, dalle bande di ragazzi che impediscono la raccolta dei rifiuti e che li vanno a sparpagliare nelle strade e nelle piazze che sono state appena ripulite. Un po' più defilate, ci sono Regione e Provincia, che non fanno niente per trovare uno sfogo ai rifiuti raccolti, di cui hanno per legge la responsabilità; una responsabilità che il Comune di Napoli invece non ha e non può avere. Ma la fila dei beneficiari del caos è molto lunga, e non finisce né a Napoli né in Campania. Intanto c'è A2A, azienda di Milano e Brescia, che gestisce - controvoglia: glielo ha imposto Berlusconi - un ferravecchio: l'inceneritore di Acerra, che funziona a metà, e male, un giorno sì e l'altro no. Poi c'è Impregilo - sede sociale a Sesto San Giovanni, provincia di Milano - che l'ha costruito e che ha riempito la Campagna con 8 o 10 milioni di tonnellate di ecoballe indistruttibili, con l'intento di lucrare sugli incentivi concessi all'incenerimento.

Poi c'è la Protezione Civile del fu Bertolaso, che ha ereditato, insieme a quelle montagne di ecoballe e al «ferrovecchio», sette Stir (ex-Cdr) che avrebbero potuto liberare la regione dalla necessità di fare nuove discariche, più l'impegno a costruire altri tre - poi quattro - inceneritori oltre che undici discariche; e che ne ha realizzata invece una sola, quella di Chiaiano, controllata dalla camorra, dopo aver governato la regione per oltre due anni con l'aiuto dell'esercito e lasciato in eredità un disastro tre volte peggiore di quello che aveva trovato al suo arrivo. Ma permettendo per due anni - e ancora adesso - a Berlusconi di menar vanto di aver liberato la Campania dai rifiuti. Tutto questo Napoli e la Campania lo devono anche alla Lega.

Il programma di De Magistris non fa una piega. Se Salerno ha raggiunto il 75% di raccolta differenziata in meno di un anno, non si vede perché non lo possa fare anche Napoli, dove la nuova Giunta può contare su una straordinaria mobilitazione popolare, sul concorso di parrocchie, associazioni e comitati e sulla nausea per 16 anni di commissariamento trascorsi in mezzo ai rifiuti. Quanto agli inceneritori, se persino l'avv. Pecorella, Presidente della Commissione parlamentate sul crimine organizzato nel settore dei rifiuti, quando va in Germania scopre che gli inceneritori non si fanno più e sono una tecnologia del secolo scorso, i lamenti dei mille columnist che invocano nuovi inceneritori per risolvere un problema che è solo il frutto di una malagestione - che ha coinvolto, in misura gravissima, anche la società Asìa e la passata amministrazione comunale - sono un ennesimo esempio di ignoranza, disinformazione e malafede dei media italiani. Ma come affrontare l'emergenza attuale? Dove sversare i rifiuti delle strade di Napoli in attesa che la raccolta differenziata li riduca di tre quarti e compostaggio, trattamento meccanico ed estrusione (un sistema che permette di recuperare fino all'ultimo grammo il residuo) realizzino un riciclo totale? In provincia di Caserta,(a Parco Saurino), terreno riconducibile alla proprietà della famiglia Schiavone, c'è da anni - ne ha parlato anche Report - una discarica vuota da 300mila metri cubi (estensibile a 600mila) che nessuno osa toccare. Non l'ha fatto De Gennaro (ex capo della Polizia e futuro capo dei Servizi segreti, mandato a Napoli da Prodi), che ha preferito aprire due nuove discariche illegali, che stanno franando, nelle province di Benevento e di Avellino e trasformare in «depositi temporanei», ma perpetui come le ecoballe, numerosi edifici, tra cui un impianto di compostaggio nuovo di zecca nella vicina San Tammaro; che in questo modo è stato mandato in malora. Non lo ha fatto Bertolaso, che aveva a disposizione l'esercito, miliardi di euro, e che ha preferito aprire una nuova discarica - di 11 che ne aveva in programma - nel cuore di un'area urbana protetta, accanto a un ospedale e a un insediamento residenziale grande come una città. Non lo hanno fatto Bassolino, né Caldoro, né i quattro prefetti che si sono succeduti al comando del commissariato, né lo ha mai chiesto la Jervolino. Eppure, anche se la soluzione del decennale problema dei rifiuti campani non si risolve certo con una discarica, le molteplici «emergenze» che hanno tormentato la regione avrebbero potuto essere evitate utilizzandone una che esiste già. Perché nessuno ha mai proposto di usare quella discarica? E non è il caso che ora De Magistris ne chieda conto al Governo? E non è il caso di fare almeno una interrogazione parlamentare?

Fonte: il manifesto


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