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Amnesty, 50 anni a tutela dei diritti dell'uomo


Una candela circondata da filo spinato. Una fiamma che "non brucia per noi, ma per tutte quelle persone che non siamo riusciti a salvare dalla prigione, che sono state uccise, torturate, rapite o sono scomparse".

E' questo il simbolo che da 50 anni accompagna Amnesty International, il movimento mondiale a favore dei diritti umani, premio Nobel per la Pace nel 1977. Sabato 28 maggio saranno 50 anni da quando l'avvocato Peter Benenson, suo fondatore, puntò per la prima volta i riflettori su quella "candela", su quella luce da proteggere a ogni costo. Una battaglia portata avanti da oltre 2 milioni e 800 mila soci in oltre 150 Paesi. Il 28 maggio del 1961, sulle colonne dell'Observer, Benenson fece trasparire tutto il suo sdegno nei confronti dell'arresto di due studenti che in un bar di Lisbona avevano brindato alla libertà delle colonie portoghesi: il governo li aveva condannati a sette anni di prigione.

"Aprite il vostro quotidiano un qualsiasi giorno della settimana - scriveva Benenson - e troverete la notizia di qualcuno, da qualche parte del mondo, che è stato imprigionato, torturato o ucciso poiché le sue opinioni e la sua religione sono inaccettabili per il suo governo. Ci sono milioni di persone in prigione in queste condizioni, sempre in aumento. Il lettore del quotidiano percepisce un fastidioso senso d'impotenza. Ma se questi sentimenti di disgusto ovunque nel mondo potessero essere uniti in un'azione comune qualcosa di efficace potrebbe essere fatto".

Da questo appello per "I prigionieri dimenticati" nacque Amnesty International, "un'organizzazione non governativa di attivisti che si confrontano con le ingiustizie dei governi, denunciano le violazioni dei diritti umani ed esprimono solidarietà alle vittime": "L'espressione 'prigioniero di coscienza' a cui faceva riferimento Benenson - spiega Amnesty - divenne ben presto di uso comune e il logo del movimento divenne un simbolo mondiale di speranza e di libertà".

L'articolo di Benenson "venne ripreso da altri organi di stampa nel mondo e l'adesione entusiasta di migliaia di persone convinse l'avvocato a trasformare la campagna a favore dei ragazzi portoghesi in ciò che sarebbe divenuto il più importante movimento globale di attiviste e attivisti per i diritti umani". Nel 1963 il movimento si strutturò attraverso un Segretariato Internazionale, costituitosi a Londra e attualmente composto da circa 300 ricercatori provenienti da oltre 50 paesi.

Vista l'importanza assunta in pochi anni (era riuscita ad "adottare" 1.367 prigionieri, 329 dei quali in seguito rilasciati), nel 1964 le Nazioni Unite conferirono ad Amnesty lo status consultivo. A testimoniare e confermare una volta di più la validità dell'azione dell'organizzazione fu però il Premio Nobel per la pace ricevuto nel 1977 per aver "contribuito a rafforzare la libertà, la giustizia e conseguentemente anche la pace nel mondo". Il mandato di Amnesty International negli anni ha cercato di adeguarsi alla cronaca e ai nuovi diritti negati. Nel 1985, ad esempio, l'azione fu estesa anche ai rifugiati politici, mentre dal 1991 ci si "impegna a promuovere tutti i diritti sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, a combattere gli abusi commessi dai gruppi armati di opposizione e a includere tra i prigionieri di coscienza le persone imprigionate a causa del proprio orientamento sessuale".

Con l'approssimarsi del nuovo millennio, nel 1999 l'attenzione di Amnesty cominciò a spostarsi anche sull'impatto che le relazioni economiche potevano avere sui diritti umani. Il movimento decise inoltre di intensificare le sue attività in favore dei difensori dei diritti umani e contro l'impunità. Nel 2001, infine, l'azione diventò ancora più globale: da quel momento in poi Amesty avrebbe agito per "prevenire e porre fine a gravi abusi dei diritti all'integrità fisica e mentale, alla libertà di coscienza e di espressione e alla libertà dalla discriminazione, nell'ambito della propria opera di promozione di tutti i diritti umani". Oggi, a distanza di 50 anni, l'ong diretta da Salil Shetty continua a lavorare per "un mondo in cui a ogni persona siano riconosciuti tutti i diritti umani sanciti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani e da altri atti" affini. La missione continua e si fortifica, tenendo sempre fede al motto di Benenson: "Meglio accendere una candela che maledire l'oscurità".

Fonte: Ansa

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