Passa ai contenuti principali

Le operaie Fiat di Melfi


Ieri siamo state a Melfi, sia al Tribunale dove era in corso l'udienza per i tre operai licenziati, sia alla fabbrica; abbiamo parlato con le operaie che ci hanno raccontato come stanno peggiorando i carichi di lavoro alla Fiat Sata. In una sola linea del 'Montaggio' le macchine sono passate da 276 a 291, ben 15 in più e neanche un operaio in più. Ai motori, per 25 macchine sta solo 1 operaio. E' aumentata la velocità della linea.L'aumento del carico alla catena di montaggio, si riflette inevitabilmente su tutte le postazioni di lavoro collegate. Due operaie, Giovanna e Maria, che si occupano della preparazione del materiale utilizzato alla catena, hanno detto che ora devono essere più svelte e preparare più pezzi di prima: circa 30 pezzi in più per due linee.Ma non c'è solo l'aumento dei carichi e la riduzione dei tempi di lavoro, l'azienda diminuisce anche i lavoratori nelle postazioni. Prima – hanno raccontato le operaie – vi erano 2 operai per tutto il turno, ora restano 2 solo fino alle 18 e poi per le altre 3 ore e mezza vi è una sola persona. Gli operai le operaie non ce la fanno già più! La fatica aumenta, le braccia, le gambe, il corpo sono indolenziti già dopo poche ore (e a Mirafiori la Fiat pretende di far lavorare anche 10 ore!!). Poi per le donne la situazione è anche peggiore.“Loro – hanno detto le operaie – non sanno cosa significa catena di montaggio. Dicono: “che cosa sono 10 minuti di pausa in meno...”, ma quando, come alla Sata, i bagni stanno a inizio e fine del reparto, per chi sta in mezzo ci vogliono 10 minuti solo per arrivarci al bagno! E per le donne? Chi ha il ciclo mestruale come deve fare?”.“Non ce la facciamo più – hanno detto – stiamo tutti male, il personale è ridotto sulle linee”. “Ma qui prima o poi scoppiamo!”“A Melfi - diceva una lavoratrice della Fiom - sembra che non ci sia una questione femminile, non c'è nessuna donna nella RSU, anche tra le operaie sembra che il problema non è sentito, delegano agli uomini...”Noi pensiamo che non è proprio così. Perchè basta che le operaie parlano, si mobilitano e viene fuori l'intreccio continuo tra condizione operaia e questione femminile – come a Melfi (dove qualche anno fa facemmo un inchiesta e dove le operaie raccontavano anche il peso del doppio lavoro: fabbrica/famiglia), come a Mirafiori durante il referendum, e che ora è necessario contro il piano Marchionne costruire una mobilitazione diretta delle lavoratrici.Dalla Fiat di Termoli viene una buona notizia: sabato prossimo le operaie che hanno dato vita ad un Coordinamento donne Fiat fanno un'assemblea nella sala consiliare. Le operaie protestano contro i turni imposti dall'anno scorso che penalizzano le donne con figli piccoli. “faccio i turni – racconta Romina – di mattina e pomeriggio ma sono del tutto inconciliabili con l'orario spezzato di mio marito. Tutte le mie richieste di cambiare orario sono rimaste senza risposta ... mia madre è costretta a venire a casa mia all'alba... noi donne siamo in gran parte concentrate nelle aree di montaggio a fine ciclo produttivo e se ci dislocassero in altre aree sarebbe più facile soddisfare le esigenze di tutti”. Ora hanno deciso di organizzarsi.



Fonte: Femminismo rivoluzionario

Commenti

Post popolari in questo blog

Un serpente nel bunker di Rebibbia

Il 12 febbraio è iniziato presso l’aula bunker del carcere di Rebibbia il processo contro alcuni militari latinoamericani che durante gli anni ‘70 hanno partecipato all’ Operazione Condor . La maggior parte degli imputati sono già stati processati e condannati in altri paesi, quindi l’udienza è più un risarcimento che una vera ricerca della verità. Operazione Condor La somiglianza tra le dittature militari che hanno dominato il Sud America durante gli anni '60 e '70 è atroce. Guidati dal sanguinoso filo conduttore dell'Operazione Condor e grazie alle tecniche d’oppressione più spietate, sono state capaci di annullare qualsiasi dissenso politico o ideologico.   Dare una stima delle persone che sono state giustiziate o torturate sarebbe tanto inesatto quanto terrificante. È difficile camminare dentro il carcere di Rebibbia e non pensare di essere dentro un fumetto di Zerocalcare. Ma questa mattina, mentre passeggio per questa felice isola...

Milano, i veleni di Santa Giulia “Bomba biologica”. Sequestrata l’area

Cadmio, cromo esavalente, cloroformio, arsenico. Sono queste le sostanze tossiche presenti nel terreno del quartiere di Milano Santa Giulia e a poco poco penetrate sino alla falda da dove viene pompata l’acqua destinata a finire dei rubinetti dei cittadini. I milanesi, che ora si trovano di fronte a una vera e propria “bomba biologica” (così la definiscono i magistrati nell’ordinanza) scoprono così a spese della loro salute il prezzo del malaffare. Teoricamente, infatti, la zona, di proprietà dell’immobiliarista Luigi Zunino , era stata ripulita da Giuseppe Grossi , il re delle bonifiche, finito in carcere lo scorso ottobre per truffa e riciclaggio. Milioni e milioni di euro di fondi neri che Grossi, amico di Paolo e Silvio Berlusconi e legato a tutti i più importanti esponenti della politica lombarda, accantonava all’estero. Adesso l’indagine su Grossi, che ha già portato a patteggiare una pena per riciclaggio anche Rosanna Gariboldi , la moglie del potente parlamentare pavese Gian...

Emilio Colombo e la storia della cocaina

 Il senatore a vita, morto all'età di 93 anni, è ricordato per l'ammissione sull'uso di droga, per "motivi terapeutici". Fu anche oggetto di pettegolezzi per la sua presunta omosessualità. La morte di Emilio Colombo , il 93enne senatore a vita e storico esponente della Democrazia Cristiana , verrà ricordata come la la scomparsa dell’ultimo dei padri costituenti ancora in vita. Eppure i media hanno ricordato come sulla carriera di uno dei politici più rilevanti del nostro Paese resti la macchia dell’ uso di cocaina , ammessa dallo stesso Colombo nel 2003 per “motivi terapeutici”. C’è poi una curiosità: secondo alcune indiscrezioni, Colombo fu indicato come il premier omosessuale della nostra storia repubblicana. Voci che si erano rincorse negli anni e che furono riprese tre anni fa, dopo un’intervista di Nichi Vendola alle Iene. Di fronte alle domande di Enrico Lucci, il presidente della Regione Puglia spiegò come un “premier gay ci fosse già stato in Italia...