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Gaza: due anni dopo il piombo è ancora fuso


Era il 27 dicembre del 2008 quando il cielo sulla Striscia di Gaza veniva solcato dai caccia israeliani che davano inizio all’ “Operazione Piombo Fuso”, un’ aggressione militare che avrebbe lasciato sl terreno 1417 vittime palestinesi (13 quelle israeliane), migliaia di feriti e senzatetto, la quasi completa distruzione delle infrastrutture e dei sobborghi di Gaza City in sole 3 settimane. Per valutare la gravità di questo triste bilancio bisogna considerare che almeno un terzo delle vittime erano bambini e, come sempre accade nei tempi delle guerre umanitarie e chirurgiche, oltre l’80% delle vittime erano civili inermi, civili intrappolati nei 360 km quadrati della Striscia per cui non esisteva alcun rifugio sicuro. Lo scopo dichiarato da Tel Aviv era rendere inoffensivo il movimento islamico Hamas e bloccare il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso il sud di Israele. Per raggiungere questo scopo l’ esercito israeliano non ha esitato ad utilizzare bombe incendiarie al fosforo bianco e bombe all’ uranio impoverito che inevitabilmente, data la densità di popolazione, hanno colpito i civili ed hanno contaminato il terreno e le acque. Durante le tre settimane di attacco aereo e le due di attacco terrestre sono state distrutte strade, scuole, ospedali, fognature, fabbriche e la centrale elettrica che ha riversato nel mare di fronte a Gaza tonnellate di idrocarburi.

Due anni dopo la Striscia è ancora sotto assedio, nononstante le rassicurazioni giunte da Tel Aviv all’ indomani del massacro ai danni degli attivisti della Freedom Flotilla, solo il 7% dei materiali necessari per la ricostruzione hanno attraversato la frontiera e quindi sono in molti a vivere ancora nelle tende o nelle macerie delle loro case, così come molti sono gli alunni che non hanno una scuola da frequentare. Il 93% delle attività produttive hanno chiuso i battenti, ai pescatori è “concesso” lavorare solo nelle 3 miglia nautiche di fronte alle coste (cioè nelle aree inquinate dall’ attacco ed ormai quasi prive di pesce), circa il 35% delle terre arabili non è accessibile perchè trovandosi a ridosso dei confini è sotto il tiro dei cecchini israeliani che solo nelle ultime settimane hanno fatto 10 vittime e 80 feriti tra i pastori ed i contadini Gazawi. A questo si aggiunge lo stillicidio degli attacchi aereiche si è molto intensificato dallo scorso mese di novembre.

Per i crimini di guerra segnalati dal Rapporto Goldston, frutto della missione di indagine delle Nazioni Unite guidata dal giudice ebreo sudafricano Richard Goldston, non sono state ancora intraprese azioni giudiziarie se non 47 processi che Israele ha istruito contro singoli ufficiali o soldati in merito ad episodi sporadici. Nè Hamas nè Tel Aviv hanno consentito una indagine indipendente e credibile che prendesse in esame le rispettive politiche e responsabilità nel conflitto. Negli scorsi mesi sono state varie invece le iniziative della società civile internazionale per porre fine all’assedio: una decina di missioni via mare, oltre a vari convogli terrestri, cariche di aiuti umanitari che passando direttamente da acque internazionali ad acque palestinesi hanno cercato di raggiungere il porto di Gaza, oltre alla Gaza Freedom March che lo scorso anno in questi giorni ha visto migliaia di attivisti da tutto il mondo impegnati nel tentativo di attraversare il valico di rafah che separa l’Egitto dalla Striscia.

A Roma invece la Rete Romana di Solidarietà con il Popolo Palestinese celebra l’ anniversario di Piombo Fuso con torce e fiaccole in piazza del Campidoglio, la stessa che aveva visto un’ aggressione sionista il 24 giugno scorso che aveva portato al ferimento di due attivisti, e con un appuntamento informativo nella cornice natalizia di Piazza Navona.

Fonte: Amisnet

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