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Omicidio Vassallo: i clan nolani dietro gli affari edilizi


Due giorni dopo Ferragosto, in una casa di Vallo della Lucania c’è una riunione per discutere e definire un piano di lottizzazione tra Agnone ed Acciaroli, oltre cento alloggi a San Nicola a Mare su terreno panoramico acquistato con circa due milioni e mezzo di euro e che avrebbe dovuto rendere, ad affare concluso e case vendute, oltre quaranta milioni.

Ottanta miliardi delle vecchie lire. Siamo al 17 agosto scorso, gli uomini del business preferiscono la riservatezza di una casa al centro di Vallo della Lucania: prima la riunione, lunga e fruttuosa e poi la cena, frugale ma succulenta, dodici posti a tavola nella stessa casa anzichè recarsi in un ristorante dove quelli del business avrebbero potuto dare nell’occhio. Al summit non ci sono solo tecnici ed avvocati, ma anche un noto imprenditore napoletano con base operativa ad Acciaroli, soldi a valanga, mare pulito vacanze brillanti e yacht al porto, un faccendiere che vive tra Agnone ed Acciaroli e si ritrova al centro di tutti gli affari edilizi della costa, oltre che alcuni amministratori comunali interessati all’affare milionario.


Vassallo non c’è, ma avrebbe avuto notizia della riunione. E, a chi lo invita, sembra avesse espresso tutte le sue perplessità su un’operazione immobiliare devastante per la costa. Perchè i dubbi sulla lottizzazione tra Agnone e Acciaroli non sono solo suoi. Li ha già espressi l’architetto Fausto Martino, funzionario della Soprintendenza ai beni ambientali, lo stesso che agli inizi degli anni Ottanta, insieme all’allora soprintendente De Cunzo, sfidò la camorra di Lorenzo Nuvoletta e Luigi Romano opponendosi, ma inutilmente, alla costruzione dell’hotel Castelsandra. Martino, come una nemesi storica, torna ad opporsi alle nuove lottizzazioni. Ma pagherà la sua opposizione. Lo declassano.

Sa troppo e si oppone a tutto, dicono i suoi avversari, anche a quello che dovrà ancora avvenire, come la gestione dei progetti e dei finanziamenti per milioni di euro sul parco archeologico di Velia. Martino non vuole subìre, scrive al ministero spiega i motivi della «punizione». Chi tocca gli affari cilentani o muore, o viene rimosso. O rischia di vivere come un morto che cammina.

O, ancor più scientificamente, può essere aggredito nell’ufficio del sindaco, come è capitato qualche mese fa ad un altro funzionario della Soprintendenza. In quell’ufficio non c’è solo il sindaco. C’è il faccendiere che filma, come un regista, tutte le operazioni inmmobiliari del Cilento. La pista sugli affari immobiliari, insieme a quella della droga, è tutt’altro che secondaria e residuale nell’indagine dei pm antimafia (Rosa Volpe e Valleverdina Cassaniello) guidati da Franco Roberti.

«Ci troviamo di fronte ad un delitto politico-mafioso di rilevante entità. È il più importante degli ultimi trent’anni a Salerno» dice uno degli inquirenti. Parole che demoliscono i tentativi minimalistici di derubricare l’omicidio Vassallo a vendetta di paese, un pusher imbestialito che si vendica con nove colpi calibro nove. Si, può essere pure un pusher della droga, dicono gli investigatori. Ma non si esclude che possa essere stato abilmente prestato ad un disegno più vasto: eliminare Vassallo, omicidio «preventivo» per spianare la strada nel saccheggio della costa cilentana.

Firmato stavolta dai prestanomi dei clan di Ferdinando Cesarano, ”Nanduccio di Ponte Pertica” che nel 1998 evase dall’aula bunker di Salerno insieme a Geppino Autorino. Fu quella una storia ora processualmente definita ma che, all’epoca, storicamente segnò uno spartiacque tra la camorra che finiva sotto i colpi dei pentiti e quella che rinasceva in un ben più vasto e nuovo legame con l’economia e la politica.

E poi non sono spettatori innocenti gli uomini di Mario Fabbrocino e della famiglia Moccia di Afragola, immagini di un difficile puzzle di atti notarili, scritture private e società occulte. È lo sfondo di un omicidio eccellente, Angelo Vassallo, sindaco, Italia 2010.
Fonte: Il Mattino

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