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La Fiat e i suoi operai!


La monovolume andrà in Serbia. Lo conferma l'ad di Fiat Sergio Marchionne, che però rassicura operai e sindacati: il trasferimento della produzione "non toglie prospettive al futuro di Mirafiori", perché "ci sono altre possibilità a disposizione che possono portare allo stesso risultato e garantire gli stessi volumi di produzione previsti".

Parole queste che non calmano gli animi dei lavoratori, preoccupati per il loro futuro. “Non mi sento rassicurata per niente – dice una donna fuori dallo stabilimento nel quale lavora - vogliamo vedere quali volumi vuole portare qua a Torino”.

Nel corso dell’incontro del 28 luglio Marchionne ha anche confermato il progetto Fabbrica Italia, e l’intenzione di investire 20 miliardi in Italia, ma ha chiesto in cambio ai sindacati una Fiat più efficiente e affidabile.
Ma i lavoratori non ci stanno. "Chiede efficienza, ma cosa vuole più di quello che gli stiamo dando. Gli stiamo dando il sangue – rincara – ci sono dei reparti qua che sono peggio di lager”.
Sotto ricatto. Ecco come si sentono i lavoratori dello stabilimento Fiat di Mirafiori dopo il tavolo convocato a Torino dal ministro Sacconi sul piano di investimenti del Lingotto.
“Una minaccia che si aggiunge ad altre minacce - commenta un lavoratore - ora che gli incentivi sono finiti e i soldi dello Stato non ci sono più siamo passati ai ricatti”.

Intanto Marchionne, all’indomani del tavolo, ribadisce con un lungo intervento sulla Stampa: "C'è solo una cosa su cui è necessario pronunciarsi: se avere una forte industria dell'auto in Italia oppure se lasciare questa prerogativa ad altri Paesi. Ci sono solo due parole che richiedono di essere pronunciate una è sì l'altra è no".

E oggi è il giorno di Pomigliano. Il futuro dello stabilimento è infatti al centro del confronto serrato tra azienda e sindacati.





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