Resistenza. Questa è la parola ricorrente nel libro di Norma Victoria Berti – Donne ai tempi dell’oscurità, presentato ieri 14 dicembre, presso l’Ambasciata della Repubblica Argentina in Italia, alla presenza oltre che dell'autrice, di Angela Lita Boitano, presidente dell’organizzazione “Familiares de Desaparecidos y Detenidos por Razones Politicas”; Marina Mantecón Fumadò, responsabile degli Affari Politici e Diritti Umani dell’Ambasciata Argentina in Italia; Cecilia Rinaldini, Giornalista di Radio RAI; Marcello Gentili, Avvocato di parte civile nei processi svolti in Italia contro i militari e autore dei disegni che illustrano il libro.
Era il novembre del 1976, quando si apre per Norma il paragrafo che probabilmente più la segnerà per tutta la sua vita. Colpevole di appartenere ad un gruppo studentesco, Norma viene sequestrata nella città di Cordoba, e detenuta durante il regime militare argentino, prima in un centro clandestino e poi per alcuni anni in un carcere. Nell’opera la Berti narra la prigionia, attraverso la voce e le storie di nove compagne. A salvarle dalle torture subite è stata appunto la voglia di resistere, che spesso si manifestava anche tramite l’ironia. Si, proprio l’ironia, ciò che sembrerebbe non centrar nulla con una storia del genere, né tantomeno poter entrare in un carcere, ha fatto si che proprio con la satira comica queste detenute trovassero la forza di resistere. L’autrice per spiegare meglio ciò, narra un episodio. Durante una delle abituali sottomissioni che erano costrette a sopportare da parte dei militari, a tutte le detenute vennero tagliati i capelli in modo assurdo. Dopo l’uscita dei militari, le donne si guardarono tra di loro per meglio comprendere la punizione che gli era stata inflitta, e nel vedersi con quei tagli assurdi, scoppiarono in una risata generale e iniziarono a sfilare per poter decretare chi avesse l’acconciatura più delirante. Con questo episodio Norma vuole far capire come anche l’ironia possa diventare un arma eccezionale per resistere. Sempre a detta dell’autrice, lo scrivere tale libro ha fatto si che ci si potesse toglier di dosso il ruolo della vittima che la dittatura aveva appiccicato loro. Prima di arrivare però alla pubblicazione c’è voluto comunque del tempo, in quanto la figura del sopravvissuto, quali queste donne rappresentavano, è una figura inquietante, che conserva molte informazioni, e che perciò fa paura alla società, terrorizzata nell’imbattersi in tale coscienza che, nonostante tutte le vicende, continua a rivendicare il suo IO. L’Io lascia però la scena ad un Noi nei racconti, infatti come sottolinea anche Marcello Gentili, avvocato della Berti, a farla da padrone nel libro è la coralità delle detenute. Per alcuni tratti – continua il legale - la coralità ricorda la stessa che vi si può trovare in uno dei canti della Commedia, che cosi come avviene in Dante, dà una confusa sensazione generale di disumanità. Come già detto, le vicende narrate, si rifanno alla memoria degli anni della dittatura militare argentina, che ha avuto il suo culmine alla fine degli anni settanta, per poi terminare nel 1983.
Tutt’oggi tra varie difficoltà è in atto un processo per provare a rendere giustizia ai desaparecidos. Molto attiva a riguardo è stata e continua ad esserlo l’organizzazione dei “Familiares de Desaparecidos y Detenidos por Razones Politicas”. Tale organizzazione in passato si era preoccupata di facilitare i viaggi dei familiari verso i detenuti. Oggi si batte perché i processi vengano svolti in Italia, cosa che al momento trova non poche difficoltà, tra queste ad esempio quelle legate alla mancanza di fondi per poter pagare il trasporto dei testimoni dall’Argentina all’Italia.
Per saperne di più è possibile visitare il sito dell’onlus che si occupa del processo.
Era il novembre del 1976, quando si apre per Norma il paragrafo che probabilmente più la segnerà per tutta la sua vita. Colpevole di appartenere ad un gruppo studentesco, Norma viene sequestrata nella città di Cordoba, e detenuta durante il regime militare argentino, prima in un centro clandestino e poi per alcuni anni in un carcere. Nell’opera la Berti narra la prigionia, attraverso la voce e le storie di nove compagne. A salvarle dalle torture subite è stata appunto la voglia di resistere, che spesso si manifestava anche tramite l’ironia. Si, proprio l’ironia, ciò che sembrerebbe non centrar nulla con una storia del genere, né tantomeno poter entrare in un carcere, ha fatto si che proprio con la satira comica queste detenute trovassero la forza di resistere. L’autrice per spiegare meglio ciò, narra un episodio. Durante una delle abituali sottomissioni che erano costrette a sopportare da parte dei militari, a tutte le detenute vennero tagliati i capelli in modo assurdo. Dopo l’uscita dei militari, le donne si guardarono tra di loro per meglio comprendere la punizione che gli era stata inflitta, e nel vedersi con quei tagli assurdi, scoppiarono in una risata generale e iniziarono a sfilare per poter decretare chi avesse l’acconciatura più delirante. Con questo episodio Norma vuole far capire come anche l’ironia possa diventare un arma eccezionale per resistere. Sempre a detta dell’autrice, lo scrivere tale libro ha fatto si che ci si potesse toglier di dosso il ruolo della vittima che la dittatura aveva appiccicato loro. Prima di arrivare però alla pubblicazione c’è voluto comunque del tempo, in quanto la figura del sopravvissuto, quali queste donne rappresentavano, è una figura inquietante, che conserva molte informazioni, e che perciò fa paura alla società, terrorizzata nell’imbattersi in tale coscienza che, nonostante tutte le vicende, continua a rivendicare il suo IO. L’Io lascia però la scena ad un Noi nei racconti, infatti come sottolinea anche Marcello Gentili, avvocato della Berti, a farla da padrone nel libro è la coralità delle detenute. Per alcuni tratti – continua il legale - la coralità ricorda la stessa che vi si può trovare in uno dei canti della Commedia, che cosi come avviene in Dante, dà una confusa sensazione generale di disumanità. Come già detto, le vicende narrate, si rifanno alla memoria degli anni della dittatura militare argentina, che ha avuto il suo culmine alla fine degli anni settanta, per poi terminare nel 1983.
Tutt’oggi tra varie difficoltà è in atto un processo per provare a rendere giustizia ai desaparecidos. Molto attiva a riguardo è stata e continua ad esserlo l’organizzazione dei “Familiares de Desaparecidos y Detenidos por Razones Politicas”. Tale organizzazione in passato si era preoccupata di facilitare i viaggi dei familiari verso i detenuti. Oggi si batte perché i processi vengano svolti in Italia, cosa che al momento trova non poche difficoltà, tra queste ad esempio quelle legate alla mancanza di fondi per poter pagare il trasporto dei testimoni dall’Argentina all’Italia.
Per saperne di più è possibile visitare il sito dell’onlus che si occupa del processo.

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