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Egitto: "Se ce ne andiamo ci ammazzano uno per uno, tanto vale morire qui"




Dal Cairo - Mentre vi scrivo i carri armati finalmente si muovono davanti a piazza Tahrir, occupano il cavalcavia da cui i manifestanti pro Mubarak bersagliavano quelli delle opposizioni. Sono assediati da quasi ventiquattro ore, li vedo ora dalla mia stanza di albergo che guarda direttamente su Tahrir, piazza della Liberazione diventata una trappola mortale. I dimostranti dell’opposizione si sono battuti come leoni ieri, per tutta la notte e ancora questa mattina, circondati, bombardati con centinaia di bottiglie Molotov di cui gli assalitori, i manifestanti pro-Mubarak, sembrano avere rifornimenti continui. Ho visto i volti di questi sostenitori del rais, sono stato spintonato e insultato da loro ma per fortuna non aggredito come moltissimi altri colleghi. Una troupe di El Arabya, Le Soir belga, tre troupe della Cnn, un fotografo giapponese massacrato di botte. Ai manifestanti pro Mubarak i giornalisti non piacciono, mentre finché abbiamo seguito le manifestazioni delle opposizioni siamo stati accolti con strette di mano e sorrisi, e anche questo significa qualcosa. Perquisiti sì, attentamente e molte volte in piazza Tahrir dove nessuno ha portato armi mentre gli assalitori, i sostenitori del rais sono sicuramente teppa venuta per menare le mani, armata di coltellacci, spranghe, persino spade, per non parlare dei beduini a cavallo e a dorso di cammello, in questo momento vedo un uomo che dirige il traffico sventolando una specie di sciabola sul cavalcavia che hanno occupato per meglio bersagliare gli avversari. Si dice che tra loro ci siano poliziotti in borghese, e queste sarebbero le foto dei loro tesserini, catturati dai manifestanti: http://yfrog.com/h7rdcxj, e anche qui, http://www.flickr.com/photos/24271114@N08/5411316721/in/set-72157625838724811/. Quando i dimostranti delle opposizioni, in tre diverse occasioni, hanno manovrato per caricare e liberare finalmente il cavalcavia, allora sì l’esercito era intervenuto, sparando in aria, lanciando fumogeni, muovendo blindati. Una neutralità finora chiaramente fittizia quella dei militari che per tutta la notte, nelle strade intorno a piazza Tahrir trasformate in un campo di battaglia, hanno sparato per tenere i dimostranti delle opposizioni dentro, nella trappola in cui devono essere annientati. Ma loro resistono, hanno riguadagnato terreno metro per metro nella notte muniti solo di sassi e di lamiere con cui hanno costruito le barricate, se ce ne andiamo ci ammazzano uno per uno, ha scritto uno di loro su Twitter, tanto vale morire qui. Leggo che Washington dice: non si possono tollerare violenze organizzate o tollerate dal governo, per quello che ho visto non ci possono essere dubbi. Forse se si potrebbe cominciare con il mettere in discussione gli aiuti militari da un miliardo e mezzo di dollari all’anno. Ci sono poche migliaia di assediati nella piazza ora, raggiungere questa zona è pericoloso e noi giornalisti ora non ci possiamo muovere dall’albergo dove ci troviamo, un collega che è riuscito a raggiungere le prime linee è stato minacciato con i coltelli dai teppisti del regime. E l’hotel ha ricevuto ordini “dall’alto” di liberare le stanze, le nostre finestre danno sulla piazza e le riprese che facciamo dalle finestre e girano sulle tv di tutto il mondo sono evidentemente troppo chiare. I manifestanti assediati nella piazza continuano a gridare i loro slogan contro Mubarak e a battere con i bastoni contro le barriere di lamiera. Mi chiedo quanto potranno resistere, e se il mondo potrà tollerare che infine vengano sopraffatti e massacrati dalle squadracce del regime. Si è parlato di 89 arabo, ma da come andrà a finire qui dipenderà moltissimo del futuro di questa parte di mondo. Rovesciare i regimi corrotti della regione era uno degli obiettivi dichiarati di Bin Laden, che non ci è arrivato nemmeno vicino. Ora ce l’ha quasi fatta un movimento democratico e laico, solo nelle prossime ore sapremo se sarà soffocato nel sangue.

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